Suor Maria Mentasti era nata a Treviglio, in provincia di Bergamo, nel 1878. Morta la mamma, dovette sobbarcarsi la fatica dell’organizzazione familiare con il padre ed i fratelli. Il 21 novembre 1901 iniziò il postulato al ricovero di Torino. Dopo la presa d’abito fu destinata a Revello, in provincia di Cuneo. Ammalatasi e guarita, fu nominata superiora all’orfanotrofio San Giuseppe di Saluzzo. Dei suoi primi vent’anni di vocazione non ci sono memorie particolari se non il fatto che durante la prima guerra mondiale fu provvisoriamente inviata in un ospedale militare per soccorrere i soldati. In questo servizio viene ricordata la sua generosità nel curare un soldato affetto da colera, messo in isolamento, che tutti avevano timore ad avvicinare.
Nel maggio del 1925 venne inviata all’Istituto san Vincenzo di Cagliari, che aveva bisogno di essere riorganizzato e che fu la grande opera della sua vita. “Quando si rese conto – si legge nelle cronache – della decadenza dei locali, parecchi dei quali minacciavano di cadere, della miseria nella quale vivevano gli orfani e le orfanelle, mancanti del vitto e degli indumenti indispensabili, con la penuria delle entrate, il suo cuore fu in vaso dallo scoraggiamento”. Presentatasi all’arcivescovo di Cagliari, non si trattenne dal dire: “È assolutamente impossibile rimanere in un’opera così abbandonata. Pregherò i miei superiori di mandarmi all’estero”. E di rimando il vescovo: “Al contrario, da buona bergamasca, resterà, amerà la casa dove l’obbedienza l’ha posta e col sudore della fronte la farà rifiorire”. E fu così. Nel primo consiglio di amministrazione con piglio sicuro analizzò i problemi dell’istituto e indicò alcune soluzioni. Il suo tatto e la prudenza attirarono ben presto la stima degli amministratori. La prima opera che introdusse, seguendo l’invito di padre Matteo Scotta e con l’aiuto delle Dame della Carità, fu un nido per bambini piccoli abbandonati e malaticci. L’opera fu il primo nucleo dell’Istituto Provinciale per l’Infanzia Abbandonata che verrà costituito in un edificio nuovo in viale Fra Ignazio nel 1928.
Quando un’epidemia iniziò a seminare la morte fra i bambini e a contagiare anche l’orfanotrofio, suor Mentasti era sulla breccia tutti i giorni. Era appena finita l’epidemia che un incendio devastò l’asilo nido e la cappella. Amici e benefattori, su sua garbata sollecitazione, decisero la ricostruzione dei locali crollati. Appena le preoccupazioni interne all’istituto diminuirono, suor Mentasti iniziò a occuparsi delle famiglie del quartiere. Organizzò le Dame e Damine della Carità per le visite a domicilio e iniziò a fare il catechismo per i bambini che dovevano essere preparati alla prima comunione: ogni domenica veniva celebrata per essi una santa Messa all’aperto. E finalmente riuscì ad organizzare una scuola materna, cosicché le famiglie del rione ricominciarono ad ascoltare la parola della fede.
Aveva un fascino particolare sui giovani. Durante i suoi discorsetti della domenica e nei rapporti personali sapeva infondere un giudizio cristiano sulla vita. Con loro, una volta usciti dall’istituto, intratteneva una fitta corrispondenza, quasi un prolungamento dell’opera educativa esercitata nella vita di istituto. Quando i suoi orfani, ormai diventati grandi, furono chiamati alle armi nella seconda guerra mondiale, suor Mentasti non si dimenticò di loro: lettere di incoraggiamento e pacchi di viveri non li fece mai mancare, anche se il vettovagliamento all’istituto era un problema serio. Nel marzo del 1943, per ordine del comando militare, l’istituto divenne un presidio della Marina. Le suore e i bambini si trasferirono a Cuglieri. Circa un anno dopo, le suore ritornarono per risistemare la casa. In quel periodo, la cappella fu affrescata e abbellita. L’autore fu un pittore insolito, allora sconosciuto, che divenne in seguito famoso. Si tratta di Aurelio Galeppini, in arte Galep. Il suo nome è indissolubilmente legato all’ epopea di Tex, il più famoso tra gli eroi del fumetto italiano. Era nato a Chiavari nel 1917 da padre e madre di Iglesias e, nel tempo di guerra, aveva soggiornato all’istituto prestando la sua arte per decorare la cappella dell’istituto. Nell’abside affrescò le apparizioni della Medaglia Miracolosa, mentre lungo le pareti dipinse alcuni momenti della storia delle Figlie della Carità. Il dipinto più bello e meglio conservato raffigura san Vincenzo che porta a santa Luisa i bambini abbandonati. Negli altri vi è il racconto delle martiri di Arras, delle Figlie di Maria che distribuiscono la medaglia miracolosa.
Nel 1984, in un suo ritorno a Cagliari, volle far visita ai quadri della sua giovinezza e, ormai famoso, volle firmarli e rilasciare alla superiora un documento che autentificava di esserne l’autore. Le fatiche della guerra, vissuta nella continua ansia di dover portare soccorso ai suoi ragazzi, ed una febbre malarica insistente fiaccarono il cuore di suor Mentasti. Dal 1948 iniziarono cinque lunghi anni, in cui al lavoro doveva intercalare il riposo a letto. Fu una grande mortificazione, ma in questo periodo ne approfittò per chinarsi con maggiore comprensione verso le sue compagne. Il suo stato di salute non la dispensò mai dal dare buon esempio a tutte. Morì il 12 maggio 1953 a 75 anni di età e 51 di vocazione, di cui 28 passati all’Istituto San Vincenzo.