Suor Maria Giulia Elisabetta Giuseppina Del Bo nacque a Milano 13 aprile 1896 in una famiglia molto agiata, ma soprattutto profondamente cristiana. Suo padre, Giovanni, fu fondatore del Circolo Popolare Cattolico San Giuseppe, cooperatore della Società Cattolica di Mutuo Soccorso, socio attivo delle Conferenze di San Vincenzo, membro influente della Congregazione di Carità; fu uno dei primi collaboratori che diede a Milano il Banco Ambrosiano. Godeva poi la piena fiducia del cardinal Ferrari, del quale fu fedelissimo collaboratore nell’Azione Cattolica. Aveva una devozione assoluta al Papa, di cui era Cameriere di Cappa e Spada. La madre, Aurelia De Maestri, meno espansiva e di carattere austero condivideva con il marito la fede viva e la pietà quotidiana. Alla sera in famiglia si recitava il rosario, tutti insieme. Maria ebbe un’accurata educazione. Imparò il francese e l’inglese. Affinò il gusto estetico assistendo agli spettacoli della Scala. Amava molto le montagne e gustava il poterle scalare.
Maria Del Bo, a circa vent’anni, sentì la chiamata di Dio e dovette lottare interiormente per la sua vocazione verso cui sentiva una forte attrazione. “Signore”, diceva pregando, “non è possibile… non sono abbastanza buona: prendi “la tale” che è molto migliore di me!”. Nonostante le sue resistenze, la Madonna farà la sua parte e Maria sarà Figlia della Carità. Dopo il postulato all’Istituto San Vincenzo di via Guastalla a Milano, il 1° maggio 1896, Maria entrò nel seminario a Torino.
Alla presa d’abito fu mandata in Sardegna: a Cagliari, all’Istituto San Vincenzo. Incaricata delle classi elementari inferiori, non aveva per aula che un sottoscala. Il materiale didattico era insufficiente e le bambine erano obbligate a scrivere sul rovescio delle matrici dei registri, che l’amministrazione metteva a disposizione. Nei momenti liberi, per alleggerire la fatica della sua compagna del laboratorio interno, le preparava i disegni. Accortasi che il nutrimento delle orfane era insufficiente, trovò nel suo cuore e nel suo talento l’estro per dipingere scenari e comporre commedie da far recitare alle giovani artiste del San Vincenzo, che mentre si divertivano potevano aggiungere, grazie alle entrate delle rappresentazioni, qualche cosa di appetitoso al pranzo tanto frugale.
Fu poi trasferita ad Intra, sul Lago Maggiore. Per cinque anni si dedicò alla cura delle orfane. Nel 1913 fu mandata ad Alessandria dove rimase solo due anni, perché nel 1915, alla dichiarazione di guerra, la troviamo alla direzione dell’ambulanza “Pietro Micca” di Torino nel servizio ai soldati feriti. Terminato il servizio all’ambulanza, suor Del Bo fu rimandata in Sardegna, all’Asilo Carlo Felice di Cagliari, prima come assistente di suor Calcagno, poi alla morte di questa, nel 1916, come suor servente. Si occupò prima di tutto delle orfane. L’alloggio non era sufficiente per il numero delle ragazze. Fece allora sopraelevare di un piano il fabbricato. Coltivò per loro il grande ideale di farne delle vere cristiane, aiutandole a seguire ciascuna la via che la Provvidenza sembrava aprire. Ebbe cura di dar loro una buona istruzione e formazione religiosa, grazie alle riunioni di Azione Cattolica e dell’associazione delle Figlie di Maria. Cercò di coltivare in esse l’amore per il lavoro. Tutte, senza eccezioni, dovevano frequentare le elementari e, in seguito, imparare a lavorare. Dopo la quinta elementare le orfane apprendevano lavori di maglieria che avrebbero dato loro la possibilità di guadagnarsi onestamente la vita, oppure potevano continuare lo studio per diventare maestre d’asilo, se ne dimostravano l’attitudine. Quando raggiungevano i diciotto anni, se non avevano una famiglia che potesse accoglierle andavano a lavorare fuori dell’istituto e alla sera rientravano all’orfanotrofio, dove delle camerette a prezzo ridotto offrivano loro un’accogliente dimora. Molte fecero un matrimonio cristiano, altre si consacrarono a Dio in diverse comunità: 35 tra le Figlie della Carità, 2 divennero cappuccine, una entrò in una comunità locale, un’altra dalle carmelitane.
Anima d’artista, suor Del Bo non poteva trascurare i suoi talenti nella formazione culturale e religiosa della numerosa gioventù che si riuniva intorno a lei. “Le piaceva molto far recitare le commedie alle bambine, interne ed esterne”, dice una delle sue antiche compagne. Tutto doveva portare al soprannaturale, risvegliare la fede o renderla più viva. Tutto era frutto di una meditazione profonda. Al riguardo, è stata suor Del Bo ad introdurre a Cagliari la sacra rappresentazione dei misteri del Natale e della Passione, che attirarono molti spettatori e fecero del bene. Ancor di più realizzò per le scuole. L’Istituto Sacro Cuore con tutti i corsi dei vari ordini di scuola è il frutto della sua laboriosità.
Quando l’Associazione Educatrice Italiana di Roma, le propose, nel 1924, di accogliere nei locali della “Misericordia” (orfanotrofio) la prima classe del Corso per Maestre d’Asilo e di collaborare per il funzionamento di questa scuola, che avrebbe assicurato suore diplomate e maestre laiche formate cristianamente, suor Del Bo colse immediatamente la proposta. Il locale non era sufficiente per completare il corso, ma col permesso dei superiori e un “piccolo viaggio” a Milano, suor Del Bo poté procedere alla costruzione dell’edificio che assicurò il funzionamento della Scuola Normale “Niccolò Tommaseo”. Questa scuola non fu che l’inizio di una bella fioritura di realizzazioni che diedero forma all’Istituto Sacro Cuore, grazie al quale in Sardegna la Comunità si è trovata in prima fila per quanto concerne l’istruzione e l’educazione femminile. Alla Scuola Normale si aggiunse la Scuola Media completata dalle due classi di Ginnasio e seguita dal Corso Superiore di Liceo Classico: tutte queste scuole furono riconosciute e approvate dal Ministero della Pubblica Istruzione. Ed oltre a ciò l’educandato femminile unito ad una Casa Famiglia per le studenti. Tutto questo insieme di opere così fiorenti e utili alla società, attirò l’attenzione delle autorità del settore dell’insegnamento che vollero ricompensare l’intelligente attività e sollecitudine di suor Del Bo conferendole la medaglia d’oro di benemerenza per la Pubblica Istruzione. Dopo la sua morte è stato trovato nello scrittoio di suor Del Bo un foglio-programma dei festeggiamenti in occasione della consegna della medaglia. Sul rovescio, di suo pugno, ella aveva scritto a matita: “Signore, a me l’ombra e a Te la luce. Concedimi di fare soltanto quello che attira le tue compiacenze”. Questa era la sua reazione alle lodi del mondo.
Suor Del Bo era persona che non si agitava, poiché riteneva che l’agitazione non provenisse da Dio. Essa agiva con prudenza e abbandono nel Signore. E questo lo dimostrò soprattutto nel periodo della seconda guerra mondiale. Dopo i primi bombardamenti di Cagliari lo spavento tra la popolazione, comprese le suore, fu grande. Il suo esempio trascinò le suore che si sentirono incoraggiate a continuare il lavoro d’ufficio e, in un’alternanza di timori e di speranze, le giornate passarono. Dopo l’armistizio, arrivarono i tedeschi e requisirono il fabbricato del Sacro Cuore. Ne fecero un ospedale. Anche la cappella fu riempita di feriti. II fabbricato delle scuole, di proprietà della Comunità, era indipendente da quello del “Carlo Felice”. Suor Del Bo lo mise sotto la protezione del Sacro Cuore, la cui statua sovrastava l’edificio, consacrandogli le anime, le opere, la casa. Il fabbricato attirava l’attenzione. E con i bombardamenti sempre più frequenti la sicurezza era diminuita sotto la soglia della prudenza. Il sindaco diede allora ordine di sfollare dalla città e di cercare rifugio all’interno dell’isola. Fu l’asilo di Borore ad aprire la porta e il cuore alle sfollate. A Cagliari, intanto il 3 maggio degli obici incendiari colpirono l’asilo Carlo Felice e in tre giorni il fuoco lo ridusse a cenere. L’istituto del Sacro Cuore fu risparmiato.
Finita la guerra, all’istituto Sacro Cuore la vita riprese con molte restrizioni, sacrifici e adattamenti, poiché il Carlo Felice doveva essere ricostruito. Suor Del Bo si affrettò a pagare il suo debito di riconoscenza al Sacro Cuore, per aver risparmiato la casa. Organizzò (solo un mese dopo il ritorno) un ritiro per cento suore della provincia, in modo da rendere visibile che la casa apparteneva al Signore e doveva essere casa di preghiera.
L’età avanzava anche per suor Del Bo. Nel 1952, per un anno, lasciò la responsabilità dell’istituto. Ma già l’anno successivo le venne chiesto di continuare a dirigerlo. Lo fece fino alla morte, che avvenne il 29 agosto 1959, a 83 anni di età e 63 di vocazione. Fu accompagnata alla sepoltura da un grande numero di Figlie della Carità. Dopo la sua morte, un medico rese questa testimonianza: “Tutta la Sardegna rimpiange colei che è stata una delle più grandi educatrici della nostra gioventù”. Una suora che ha vissuto per quarant’anni con lei afferma: “È stata sempre un perfetto modello di rettitudine”. Aveva una mano di ferro e un cuore d’oro. Nonostante la sua apparenza potesse sembrare rude, altera e poco comprensiva a chi l’avvicinava, bastava scambiare qualche parola e scoprire un cuore aperto, sincero e cordiale, veramente nobile, un cuore che aveva per tutti parole di affetto e di incoraggiamento.