Olzai ha voluto dedicare alla memoria di suor Bonelli una via, quella che conduce dalla parrocchia all’asilo. Ben a ragione, poiché ha servito per ben 55 anni la gente di questo paese del nuorese. Era nata il 26 luglio 1882 a Vaglierano d’Asti. Settima di nove figli, al battesimo ebbe il nome di Emma Angela. Suo padre, Gaspare, era un ricco commerciante, e sua madre, Caterina Salasco, era una donna molto pia e saggia, tutta dedita alla famiglia. Nel 1904 Emma entrò, all’età di 21 anni, tra le Figlie della Carità. Concluso il seminario, suor Maria, nuovo nome assegnatole dalla comunità, fu inviata in Sardegna: dapprima all’asilo di Oristano e, trascorsi cinque anni, a causa della malaria che ancora funestava l’oristanese, venne trasferita ad Olzai.
Fra il 1933 e il 1937 fu poi all’asilo di Borore, da dove ritornò definitivamente ad Olzai per rimanervi fino alla morte. Suor Bonelli divenne tutt’uno con la popolazione di Olzai: ne interpretò alla perfezione l’animo forte e gagliardo, introducendovi con la sua nativa gentilezza e lo spontaneo candore quel tocco di amabilità che addolciva rapporti e dissidi. Era dotata di un notevole senso pratico e di grande capacità organizzativa, che gli derivava dall’attitudine al commercio di suo padre. Sapeva di cucito e di ricamo: dalle sue mani scaturirono preziosi corredi per la parrocchia, ma soprattutto introdusse schiere di ragazze all’apprendimento di quest’arte utilissima per le nuove famiglie. Nutriva una vera passione per il giardinaggio e conosceva a perfezione i periodi di semina e di fioritura di molte specie di piante e di fiori. Ma ciò che più conta di lei era il carattere. Era autorevole e mai autoritaria. Pur con un carattere forte, sapeva pazientare ed essere dolcissima con i bambini difficili e persuasiva con gli adulti.
Ma chi era più in profondità suor Bonelli? Lasciamo che ce la racconti una consorella, che ha condiviso parte della vita con lei. “Mi trovavo ad Olzai, avevo appena tre anni di vocazione. La nostra era una piccola comunità: due sorelline in formazione e suor Bonelli in qualità di suor servente. Fu lei a prepararci ai santi voti. La stimavamo molto, era una donna amabile, sapeva farsi ascoltare e obbedire. Era molto delicata nei rapporti e della massima segretezza. Una grande bellezza interiore rischiarava il suo volto e le infondeva quella finezza di tratti, che la rendeva cercata da tutti. Aveva un volto radioso, ed anche se non era particolarmente colta, era assai avveduta della sapienza evangelica. Il suo fare deciso era temperato dalla dolcezza e dalla grazia. Dalla sua persona emanava l’innocenza del volto battesimale, dai suoi occhi azzurri, buoni e fortemente espressivi, traspariva la schiettezza del suo carattere, la rettitudine e la tenacia di una vera Figlia della Carità. Conquistava i cuori col sorriso e il buon esempio. Era convinta che una solida pietà fosse alla base di ogni vera vocazione; ce ne dava l’esempio con la sua vita di fede e di preghiera. L’Eucaristia era il suo forte sostegno e il rosario il coronamento contemplativo di quel Cristo che serviva e onorava nei poveri. Amava moltissimo la Comunità; era fedelissima alla santa regola. Portava in sé il culto del povero che amava e rispettava teneramente. Era solita invitarci ad andare a Dio con grande semplicità e, poiché a quei tempi erano fiorenti le vocazioni, ci insegnava ad avvicinare le giovani con l’unico scopo di indirizzarle a Dio.
La sua era una spiritualità delle piccole cose fatte per amore e tutta mariana che si fondava solidamente sulla roccia dell’umiltà. La carità la trovò sempre pronta a spendersi indistintamente per tutti nella gratuità più assoluta. A ragione si disse che “fece pulsare ad Olzai il cuore di san Vincenzo”. Trovava il tempo per tutto; in cappella spesso la si vedeva assorta in preghiera e in intimo colloquio col Signore che amava di un amore totale e con cuore di bimba. Il suo segreto più profondo era l’incrollabile fiducia nella divina Provvidenza e nel Sacro Cuore. La sua capacità di entrare delicatamente nell’intimo della gente, senza violare il severo riserbo caratteristico della gente di Olzai, fu lo strumento con cui divenne parte del paese. Non c’era famiglia che non visitasse, non c’era persona che non conoscesse personalmente, si confidasse con lei o le chiedesse consiglio. Era molto materna, con lei non c’erano segreti di sorta né da parte degli uomini, né delle donne. Sapeva entrare in dialogo con tutti e per tutti aveva sempre parole buone e di edificazione. Le ripetute richieste da parte di tutta la popolazione, trovò vasta eco anche a Torino, sicché suor Zari, l’allora visitatrice, non fece alcuna difficoltà a rimandarla una seconda volta ad Olzai; questa volta però, come suor servente.
Mai un povero andò via da lei senza trovare accoglienza e comprensione. Un giorno in casa nostra venne un povero, era l’ora del pranzo, non avevamo niente da dare, suor Maria sottrasse allora dalla nostra mensa il necessario per condividerlo con lui. Per tutti fu la donna della Provvidenza, sempre disponibile, serena e gioiosa. All’occorrenza sapeva improvvisarsi anche “medico”, dava l’olio di merluzzo ai bambini poveri, curava gli ascessi con la sua pomata all’ittiolo, di cui conosceva la formula tramandatale da una consorella, che costituiva uno dei pochi rimedi in era pre-antibiotica.
Anche i giovani stavano volentieri con suor Bonelli, era per loro maestra di vita; con la parola e con l’esempio li aiutava a risvegliare nelle loro anime il pensiero di Dio. Istillava il senso di Dio sin dalla più tenera età, prima tra i banchi della scuola materna, poi al catechismo, in seguito al1’oratorio, tra le fila delle Figlie di Maria, nei laboratori di ricamo e cucito, che allora erano fiorenti. Credeva all’azione dello Spirito Santo nelle anime; era solita seminare per poi lasciare a Dio la cura di far germogliare e maturare.
Nella sua malattia non si è mai lamentata. Era molto generosa anche nel soffrire, prendeva ogni cosa dalle mani del buon Dio. A tutti mostrava serenità, era abbandonata a Colui che, come ebbe a dire poco prima di morire, “aveva sempre amato e servito”. Ringraziava il Signore della sofferenza che le inviava. Ricoverata in ospedale, continuò il suo apostolato di preghiera tra i ricoverati; era così forte in lei il senso dell’altro che appena il male le dava tregua si aggirava per la corsia a servire e a far compagnia alle persone sole e abbandonate. Suor Maria aveva composto una preghiera che era solita recitare ogni giorno: “Mio Dio, se prima di morire la mia mente fosse smarrita sì da non poter concepire né un buon pensiero, né dire una giaculatoria, e nemmeno ricevere i sacramenti, accetta l’offerta che ti faccio adesso di tutta me stessa; gradisci il pentimento di tutte le colpe che ho commesso nel corso della mia vita. Ricevi l’anima mia nelle tue braccia e fa’ che con me siano salvi tutti i miei cari, tutte le mie compagne e tutta la popolazione di Olzai per la quale ho offerto la mia vita”. Il 18 ottobre 1970, a 88 anni, suor Maria Bonelli chiuse la sua giornata terrena. Il suo funerale fu un canto di gioia e di ringraziamento al Signore e alla comunità delle Figlie della Carità per averla donata alla Chiesa di Dio che è a Olzai.