Suor Ines Gianella è nata a Leontica, nella Svizzera italiana, undicesima di dodici figli. All’età di tredici anni esperimentò la morte del papà e, diventata la vita in casa economicamente difficile, la mamma acconsentì che la giovane Ines andasse per un anno a lavorare alla pari nella Svizzera interna, in modo da familiarizzarsi con la lingua tedesca ed insieme dare lezioni di italiano. Ritornata in famiglia, frequentò i corsi superiori dell’Istituto Santa Maria di Bellinzona, dove la sorella maggiore si trovava come professoressa. Vista la sua abilità le affidano i corsi di lingua francese, e così nella doppia veste di alunna e di insegnante si guadagnò la stima di tutte le ragazze. Fra tutte però sentiva una predilezione per le meno dotate. E questo sentimento gratuito dell’anima si fece sempre più strada, finché comprese che la sua chiamata era di dedicarsi a Cristo nella vita consacrata. A favorire il forte cambiamento fu la morte, nell’aprile del 1922, del fratello Vincenzo, il preferito nella schiera dei fratelli, quello che più le assomigliava. Nel frattempo, l’anno successivo morì anche la madre. Questa serie di eventi accentuarono la sua natura malinconica e il desiderio di darsi a Dio. Dedicò ancora due anni alla sua famiglia come massaia e infermiera, finché nel gennaio 1925 decise di lasciare la sua casa.
Entrata tra le Figlie della Carità, fu inviata a Lugano dove per quattro anni si occupò delle numerose bambine che le furono affidate. Al momento dei voti espresse il desiderio di partire per le missioni estere, e così venne mandata ad Olbia, per dare vigore all’orfanotrofio che era ai suoi inizi. Con il nome di suor Margherita si mise a servizio delle orfanelle, sottoponendosi ad una vita piena di privazioni, poiché l’orfanotrofio non aveva ancora una sede stabile se non alcune camere in affitto.
Suor Margherita oltre alle orfanelle fu incaricata della visita ai poveri. E qui espresse tutta la sua anima secondo l’insegnamento appreso dal Catechismo di Comunità, per cui i poveri dovevano “essere trattati con umiltà, carità, compassione, rispetto e devozione”. “Un giorno – racconta la suor servente del tempo – stavo facendo istruzione ad una postulante sul modo di rapportarsi con i poveri. All’improvviso la postulante mi disse: Ma, ma soeur, non ho che da guardare suor Margherita. È così che lei serve i suoi poveri”. Ed i poveri parlando di suor Margherita, dicevano: “Andiamo dalla dolcezza, andiamo da lei a cercare conforto e soccorso”. Ma tra i poveri vi erano anche quelli delle borgate di Olbia, dove non c’era nessuno che faceva loro il catechismo. E allora suor Margherita andava anche da loro.
Nel 1932 ecco una sorpresa. I superiori la vollero a Torino, in seminario come suora collaboratrice della Direttrice. A Olbia scese la tristezza, ma lei si consegnò con tutta l’obbedienza del suo cuore. Il suo arrivo a Torino le riservò però una malattia, che la prostrò fino a costringere i superiori a doverla rimandare a Olbia due mesi dopo. Suor Margherita fu acclamata dalle sue orfanelle. Il suo reimmergersi nell’attività divenne ormai sempre più abbandonato alla grazia. “Buona, preveniente, attiva senza precipitazione né imbarazzo, suor Margherita era come la piccola goccia d’olio della famiglia; non le sfuggivano mai né una parola, né un gesto che potessero contristare; nel momento della prova era sempre pronta con quella parola che sostiene e rialza il coraggio abbattuto”. Nel 1935, l’orfanotrofio riuscì finalmente ad avere una sua sede stabile. Le ragazze aumentarono. La casa si allargò: vennero accolti anche dei vecchietti soli. Suor Margherita diventò la loro buona madre.
Nel 1940 con lo scoppio della guerra, un grande flusso di profughi si accalcò nel piccolo porto di Olbia. Siccome venivano requisiti dalle autorità militari i piroscafi per il trasporto delle truppe, molta gente restava ammassata nel porto. Le suore iniziarono allora “l’opera dei passanti”. L’Istituto san Vincenzo ospitò e servì tra i 300 e i 400 ospiti al giorno offrendo loro soccorso: fra questi vi erano molti casi disperati. Le suore si immersero in questa fatica con grande generosità. Suor Margherita era in prima fila, nonostante la debolezza della sua salute. La suor servente, giustamente preoccupata per la sua fragilità, la mandò a Nulvi dove si erano rifugiate le orfanelle più piccole. Era il 13 maggio 1943. Il 14 una terribile incursione aerea seminò a Olbia la desolazione e la rovina. Anche l’orfanotrofio fu colpito, ma provvidenzialmente nessuno morì. Tutto l’istituto allora si rifugiò a Nulvi. Ma qui una malattia la immobilizzò a letto. In ottobre la casa si ricostituì ad Olbia, e con tutti venne portata anche suor Margherita ormai completamente paralizzata. Per tre interminabili mesi suor Margherita rimase immobile incapace di fare il minimo movimento. Una broncopolmonite ne affrettò la fine. Era il 16 febbraio 1944. Aveva 42 anni di età e 18 di vocazione.