Fondatrice della Congregazione delle Suore della Carità
Il 27 novembre del 1765 Giovanna Claudia Labbe e Gianfrancesco Thouret vedono venire alla luce nella loro vasta casa di Sancey-le-long, presso le rive del torrente Baume, in Franca Contea, la bimba attesa dopo tre fratelli, Giovanna Antida. In seguito, la famiglia ingranditasi per la nascita di altri figli, continua a vivere serena tra il lavoro dei campi e la conciatura e il commercio di pelli e tra impegni sociali e politici; il padre sarà sindaco e due fratelli si arruoleranno per servire nell’esercito del re giungendo “a gradi distinti”… Non si minimizzano le sofferenze per la difficile convivenza con una zia e per la precaria salute della mamma, la quale pur essendo stata devotamente curata e assistita dalla figlia, muore ancora giovane. La conduzione familiare, per volere del padre, passa nelle mani di Giovanna Antida che è affiancatala da una giovane inserviente, purtroppo rivelatasi ben presto corrotta. Il turbamento di Giovanna Antida, a sedici anni, si dissolve solo con il voto di verginità pronunciato ai piedi dell’altare, nella cappella dell’Immacolata, in parrocchia. Le giornate in casa Thouret si svolgono nella laboriosità, nella semplicità, nell’accoglienza. Il rapporto di Giovanna Antida con la madrina è di speciale confidenza. La sua salute non proprio florida non ammette negligenze, ritardi, indifferenze nei confronti della famiglia, del vicinato, della parrocchia, di tutti quelli che a lei ricorrono. Il suo tratto serio e dolce, è compenetrato di saggezza, di compassione, di gentilezza, di nobiltà d’animo. Don Lambert, il suo parroco, non esita ad affidarle la responsabilità della scuola di catechismo e l’animazione del gruppo delle giovani, perché non gli sono sfuggiti l’impegno da lei profuso nell’apprendimento durante le sue lezioni e l’atteggiamento amorevole nei confronti dei poveri. Ad un certo punto, Giovanna Antida, si pone il problema del suo futuro e, pur avvertendo una forte attrattiva per la vita di preghiera in ambiente claustrale, comincia a pensare se la sua vita non possa essere dedita alla cura e all’assistenza dei malati. Il padre vi si oppone con tutte le forze e le prospetta una bella opportunità matrimoniale con presentazione del benestante futuro sposo, e di tutte le convenienze sociali ed economiche conseguenti. La preghiera a Dio, il dialogo con il padre l’aiutano nel discernimento e nella scelta. Quando ha 22 anni la sua decisione rivela propensione per chi soffre, spirito di umana solidarietà, fattiva carità. Allontanata l’idea del Carmelo, le suore di San Vincenzo de’ Paoli di Parigi possono fare al suo caso, più che le Ospedaliere di Baume-les-Dames. Nel 1787, Giovanna Antida, presso l’ospedale di San Lorenzo, a Langres muove i primi passi nella vita religiosa tra le Figlie della Carità. Dopo tre mesi di Postulato, il giorno di Ognissanti raggiunge Parigi per iniziare il tempo del “seminario”-noviziato nella casa madre. Nonostante la sua salute precaria si distingue per dedizione, carità e prudenza, sempre, anche negli altri ospedali ai quali viene assegnata.
Nel 1789 in Francia scoppia la Rivoluzione. Gli Ecclesiastici che non aderiscono ai suoi principi e le Religiose che respingono il giuramento alla Repubblica, vengono allontanate. Inizia un periodo molto difficile per le Comunità che si rifiutano di abiurare e che non vogliono aderire alle leggi rivoluzionarie. Molte persone vengono tormentate da emarginazioni sociali, vengono deportate, perseguitate con la violenza e martirizzate. Anche Giovanna Antida verrà tramortita con il calcio del fucile da un soldato. L’alternativa può essere la clandestinità nei piccoli centri rurali o nella fitta vegetazione delle foreste o nel cavo delle grotte, dove porta soccorso ai sacerdoti non giurati nascosti, rischiando la propria vita. Incomincia la soppressione delle famiglie religiose. Anche le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli devono sciogliersi e rifugiarsi nei paesi di origine. E’ l’ottobre del 1793. Giovanna Antida, trova scampo a Besançon, ospite di una cara amica, la signora de Vannes. Qui si dedica all’assistenza dei malati e a quei sacerdoti che per la loro fedeltà al Papa e alla Chiesa sono stati incarcerati e, dopo qualche tempo prova a rientrare a Sancey. L’impegno parrocchiale, la cura di malati, di bambini, di poveri, l’attivazione di una piccola scuola, sono da lei sostenuti nonostante le intimidazioni dei Commissari, ai quali resiste, ma di fronte ai quali dovrà cedere, nel 1794, quando la Convenzione ristabilirà il servizio scolastico. Giovanna Antida riesce a sottrarsi alle persecuzioni della polizia distrettuale e pensa di raggiungere la sorella, Giovanna Barbara, presso una comunità religiosa itinerante, detta dei Solitari, il Ritiro cristiano, fondata dal padre Antonio Receveur, che desidera avere Giovanna Antida perché possa dedicarsi al servizio dei malati. Questa comunità è perseguitata, calunniata ed esiliata proprio mentre Giovanna Antida la sceglie per aderire alla Volontà di Dio. Purtroppo lo stile di vita e i criteri poco evangelici adottati da una Religiosa responsabile e da alcuni Religiosi non sembrano rispondere ai dettami della coscienza di Giovanna Antida che, dopo lungo e sofferto riflettere e peregrinare lascia la comunità. Per quasi due anni vagherà, da straniera, alla ricerca della Volontà di Dio, tra la Svizzera, l’Austria e la Germania in mezzo all’indigenza, ai pericoli, alle umiliazioni, fino a quando a Landeron, a qualche chilometro dalla frontiera francese, sembra che Dio si riveli con più chiarezza: alcuni preti francesi, i Vicari di Besançon, de Chaffoy, Bacoffe, Beauchet constatata la riabilitazione -da parte della Francia- della Chiesa cattolica, le chiedono di occuparsi, nella loro Diocesi, dei bambini e degli ammalati. “Prendete con voi altre giovani e le formerete come siete stata formata voi stessa, poi fonderete a Besançon un Istituto per l’istruzione della gioventù e per l’assistenza dei malati poveri”…”Dio parla per mezzo dei Superiori, ed io mi trovo ad essere il vostro. Pertanto vi comando di rientrare in Francia entro quindici giorni, per aiutarci a ristabilire nella nostra diocesi la fede e i buoni costumi, seguendo l’esempio dei nostri santi protettori Ferreol e Ferieux” (Cosi’, Mons. De Chaffoy secondo Memorie di pure verità di S.ta Giovanna Antida).
Ritenendo di dover obbedire, perché è Dio che si manifesta, Giovanna Antida, si mette all’opera, sia pure per breve tempo, ossia fino alla caduta del governo dei moderati, al quale fanno seguito le giornate del “Secondo Terrore” piene di violenze e di soprusi. Siamo nel 1797. Minacce e intimazioni non la scoraggiano mentre porta avanti il suo lavoro. Purtroppo non può evitare di nascondersi ancora, perché ricercata, in un retrostalla di La Granges. Quando ottiene un certificato di Libera cittadinanza ed è richiamata e incoraggiata dai Vicari di Besançon, Giovanna Antida tenta di avviare una nuova scuola libera, gratuita e cattolica, insieme alla distribuzione di brodo ai poveri. Subito verrà identificata, assieme al alcune compagne che si sono unite a lei, come quella delle “Suore del brodo e delle piccole scuole”. L’11 aprile 1799 è la data della prima pietra della sua fondazione che diventerà, nel tempo, la Congregazione delle Suore della Carità, in via Des Martelots, a Besançon. La sua opera viene apprezzata dalle autorità civili che le chiedono di occuparsi anche di Bellevaux, una prigione di Besançon dalla triste reputazione, una “cloaca”, “anticamera dell’inferno”, dove abitano alienati, prostitute, ladri, bambini abbandonati. In questo luogo, la Fondatrice, esprimerà tutto il suo talento di educatrice a servizio dei prigionieri, procurando loro non solo di che nutrirsi, ma organizzando anche il lavoro, con la possibilità di riscuotere un salario, al fine di far ritrovare la dignità di uomini e di donne e di esprimere la propria fede attraverso la preghiera, la buona condotta, l’altruismo. Il 3 ottobre 1810 il primo gruppo di giovani e Giovanna Antida stessa si preparano per il loro atto di consacrazione a Dio, nelle mani di Mons. De Chaffoy. Tra il maggio e il settembre del 1802, ella scrive la Regola di vita a Dôle che sarà consegnata alle sue figlie nel novembre del 1804, dopo che il nuovo vescovo, Mons. Lecoz, le avrà approvate con il disappunto del Bacoffe, offeso per il non riconoscimento di un ruolo di primo piano nella fondazione.
La famiglia delle giovani si allarga e anche le fondazioni aumentano. La fama di Giovanna Antida impressiona bene Letizia Bonaparte che darà il nome di Suore della carità di Besançon alla sua famiglia religiosa, durante la riunione delle Superiore Generali delle Suore Ospedaliere, a Parigi nel 1807. Nel 1810, dopo l’approvazione giuridica degli statuti delle Suore della carità, firmata dall’Imperatore, l’Imperatrice propone l’insediamento di una fondazione nel regno di Napoli, richiesta veramente sorprendente per quel tempo. A Napoli Giovanna Antida trova una città dal volto contraddittorio, non solo perché è il centro più popolato di un vasto Regno, ma anche perché la sua vita poggia su una struttura burocratica costituita da diversi strati sociali, il più basso dei quali composto da una massa enorme di poveri, disoccupati, mendicanti, quei poveri che una lunga serie di dominazioni straniere e di sfruttamento economico hanno prodotto. Qui si trova a confronto con una organizzazione sociale molto gerarchica: nella città i ricchi occupano gli appartamenti in alto nelle case e i poveri si ammassano nelle zone basse, tanto che queste due classi sociali si incontrano a fatica. La disparità sociale si nota in ogni più piccola azione. Per esempio, i poveri non possono entrare nei conventi, essi suonano, le Suore li ricevono alla porta e consegnano alimenti e vestiti. Le “Monache”, che affollano i Monasteri, non escono mai per le strade. Giovanna Antida comincia subito a conoscere questa cultura così diversa dalla propria, e trova, a modo suo, il sistema per trasformarla. Apre una scuola e, senza unire subito bambini poveri e ricchi, mette le classi di fianco l’ una all’altra. I bambini sono dunque invitati a parlarsi, a guardarsi, a conoscersi, a stare insieme. Apre pure una farmacia nel cuore del monastero di Regina Coeli dove ha preso dimora e i poveri sono invitati ad attraversare la casa per andare a prendere i medicinali…sono a casa loro ! Le Suore non esitano ad uscire dalla loro casa per andare a visitare i poveri nelle loro abitazioni. Sono le Suore a fare il primo passo senza costringere i poveri a elemosinare il loro amore ed il loro aiuto. Fin dall’inizio, con l’arrivo di numerose giovani, Giovanna Antida aveva scritto in Francia una Regola di Vita che aveva mediato dall’esperienza vissuta tra le Figlie della carità, dal Vangelo della Carità, dallo studio dei gesti e dei movimenti da porre in atto in ambienti e tra persone diverse, ispirandosi al suo modello e protettore, San Vincenzo de’ Paoli. Ora, le sembra giunto il momento di sottoporla al Papa per ricevere la sua approvazione, per sentirsi a servizio della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, romana, per mettersi a disposizione anche per un’ eventuale chiamata a servire i poveri direttamente a Roma. Il riconoscimento pontificio seguito molto da vicino da lei stessa che dimora a Roma per quasi due anni, avverrà nel 1819 ad opera del Papa Pio VII, il quale darà all’Istituto il nome di “Figlie della Carità sotto la protezione di San Vincenzo de’ Paoli”. Piena di gioia per un tale dono Giovanna Antida comunica la notizia alle sue Figlie francesi. Nel giugno del 1821 riesce a tornare in Francia, ma ella viene interdetta di avvicinarsi. A Besançon la situazione è molto cambiata, alcuni sacerdoti e il Vescovo non accettano l’approvazione dell’Istituto e delle Regole da parte del Papa ed impediscono alle suore di riconoscere la stessa Giovanna Antida come Madre Generale. La sofferenza è grande. Giovanna Antida non ottiene nulla dopo vari tentativi di dialogo, di invio di lettere, di preparazione del memoriale giustificativo, della messa a punto di appuntamenti, di incontri anche con il nuovo Vescovo di Besançon, Mons. De Pressigny. Nell’estate del 1823, lasciata Parigi, dopo aver raggiunto Besançon e dopo essere stata rifiutata, confidando in “Dio solo”, (motto che in precedenza aveva scelto per le Suore) e in Gesù crocifisso, suo Sposo e suo modello, prende la via del ritorno a Napoli. Le rimarranno solo tre anni di vita, spesi nel lavoro apostolico, nella formazione, nell’apertura di nuove opere, senza mai lasciarsi sfuggire sentimenti di ribellione per l’ingiustizia che subisce, anzi, rallegrandosi per la fedeltà delle suore della Savoia e di Vercelli, perdonando i suoi nemici e pregando per tutte le sue Figlie, quelle vicine, quelle lontane, quelle future. La Madre Giovanna Antida non ha mai accettato come situazione normale e definitiva questa separazione “imposta”. Vi si era rassegnata come a un male che doveva subire, aspettando “l’ora dell’onnipotenza di Dio”, sicura che “quell’ ora, presto o tardi, sarebbe arrivata” (a Sr. Genoveffa Boucon, 7 marzo 1822). Il 18 Agosto 1826 è colpita da emorragia cerebrale. La sera del 24 agosto lascia questa terra per il cielo.
Il 16 luglio del 1900 viene introdotta la Causa di Beatificazione. Il riconoscimento dell’eroicità delle sue virtù ci sarà il 9 luglio 1922 e la proclamazione a Beata avverrà il 23 maggio 1926. Il 14 gennaio 1934 la Chiesa, il papa Pio XI, riconosce la sua grandezza umana e spirituale e la proclama Santa. La storia del processo dell’unione del ramo francese con quello italiano della Congregazione delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, sarà lunga, laboriosa e delicata. La Madre avrà gioito in cielo della ritrovata unità delle sue figlie, avvenuta, dopo centotrent’anni, nell’estate del 1957, quando si sono incontrate a Sancey, provenienti da ogni luogo del mondo dove erano sparse. Esse godono dell’attributo-eredità della loro unica Madre:”Madre in Cristo” (LD: 90), “Sono la vostra prima Madre”(LD: 224), “Vi sono Madre per la vita” (LD: 307),”Sono e sarò sempre la vostra tenera Madre” (LD: 413) e del distintivo proprio del loro servizio dei poveri a motivo della “Carità cristiana che abbraccia tutti i tempi, tutti i luoghi e tutte le persone senza distinzione di età, di sesso, né di condizione…” (Reg. 1820, 2a parte).
Autore: suor Antida Casolino