Nacque a New York il 28 agosto 1774 da famiglia protestante e in quella religione osservava i doveri e adempiva con fervore le pratiche di pietà. Sposatasi con Guglielmo Magee Seton, ricco commerciante della sua città, divenne madre di cinque figli che educò con grande spirito religioso. E mentre attendeva alla cura della famiglia, trovò tempo per interessarsi dei poveri, con frequenti visite e fraterna assistenza. Nel novembre 1803 salpò al porto di Livorno, col marito affetto da problemi polmonari sperando di trovare guarigione nel salubre clima labronico. E fu ospite di una famiglia amica, i signori Filicchi, nobili non solo per censo, ma specialmente per profonde virtù cristiane. Purtroppo la salute sperata non venne. Il marito, trattenuto al suo arrivo nel Lazzeretto di S. lacopo a motivo della epidemia da “febbre Gialla” del porto di New York, morì nell’ospedale di Pisa il seguente 27 dicembre; e fu sepolto a Livorno, dove rimane ancora, nel Cimitero Anglicano in via Giuseppe Verdi. Giunsero invece per Elisabetta i primi richiami della Provvidenza, che avevano posto su di lei grandi disegni di salvezza. I Filicchi, gradatamente e con grande rispetto, intessevano con lei dialoghi religiosi e pregarono molto per la sua conversione. L’esempio della profonda fede indusse Elisabetta a dissipare dalla sua mente tutte le avversioni preconcette di cui era imbevuta. Volle accompagnarli spesso nella vicina chiesa di S. Caterina; e nella basilica di Montenero ebbe come una rivelazione circa la presenza reale di Gesù nell’Eucarestia, di cui poi scrisse: «M’inginocchiai in terra dinanzi all’altare». Tornata negli Stati Uniti, dopo un non breve travaglio spirituale, in forma ufficiale dichiarò di staccarsi dal protestantesimo e di voler entrare nella chiesa cattolica. Era il 14 marzo 1805. «Giunse al cattolicesimo però non attraverso la rinnegazione del passato, ma piuttosto come mèta provvidenziale di studio, di preghiera, di esercizio di carità a cui la preparava tutto l’orientamento della sua vita precedente». Ma le lotte si fecero più serrate. I suoi la combatterono e la isolarono, eccetto pochi. La Comunione le dava forza e consolazione. Per poter vivere lei e le figlie, aprì una piccola scuola, e poté sempre contare sugli aiuti finanziari che i Filicchi le facevano giungere da Livorno. Il Signore intanto intesseva per lei un disegno più grande. Il suppliziano Padre Giovanni Enrico Hebart la chiamò a Baltimora con altre sue amiche per aprire una Scuola Femminile Cattolica. Fu il primo nucleo dell’Istituto Religioso «Figlie della Carità di S. Giuseppe» da lei fondato ad Emmitsburg nel 1809 con l’approvazione dell’Arcivescovo di Baltimora Giovanni Carroll. Il 4 gennaio 1821 chiuse la sua vita terrena. Giovanni XXIII la riconobbe tra i beati il 18 dicembre 1959. Paolo VI l’ha proclamata Santa il 14 settembre 1975.