Presentazione
di padre Fernando Quintano C.M., Direttore Generale della Compagnia delle Figlie della Carità
L’albero della vita consacrata ha molti rami; la Compagnia delle Figlie della Carità è uno di essi. L’Esortazione Apostolica Vita Consecrata (1996) chiede ad ognuno di questi rami di essere fedele alla propria identità, poiché la diversità dei carismi rende bello il volto della Chiesa. Le Figlie della Carità stanno facendo un cammino di revisione delle loro Costituzioni alla luce dell’inculturazione. Il carisma è qualcosa di vivo e, proprio per questo, suscettibile di arricchimento, assumendo determinati valori della nostra cultura di oggi che siano in armonia con la sua identità. Nello stesso tempo, però, la fedeltà al carisma richiede che si faccia attenzione a non diluirlo con l’assunzione di controvalori, anch’essi oggi presenti e che possono costituire una minaccia alla fedeltà. Occorre un buon discernimento per unire fedeltà e creatività. Uno degli elementi costitutivi dell’identità della Compagnia è la sua secolarità. Fedeli a questa caratteristica, le Figlie della Carità dovranno cercare di non soccombere ad una duplice tentazione, cui oggi sono esposte: in alcune culture il secolarismo, in altre il conventualismo. Una retta comprensione della secolarità della Compagnia le aiuterà a superare questa duplice tentazione. Le Figlie della Carità non sono religiose, ma non sono nemmeno una semplice associazione di donne laiche. Appartengono alla vita consacrata in forza del loro dono totale a Dio per servire i poveri. Questo modo di vivere San Vincenzo lo chiamava confraternita o società di “buone cristiane” che tendono alla santità, nella fedeltà alle promesse del battesimo, in uno “stato di carità”.
P. Vernaschi ha saputo situare la secolarità della Compagnia come elemento importante all’interno del quadro completo della sua identità. Di fronte al compito della revisione delle Costituzioni, questo libro vuole essere una collaborazione opportuna, offerta da un fratello in San Vincenzo che conosce, ama e serve le Figlie della Carità, affinché l’opera in cui sono impegnate sia coronata da successo. L’identità della Compagnia si è conservata nel corso dei quattro secoli della sua esistenza. Attraverso i vari cambiamenti per cui è passata, ha saputo rimanere fedele allo spirito e al fine del progetto originale dei suoi fondatori. Ora che la Compagnia cerca di rinnovare e di esprimere questa stessa fedeltà nella cultura di oggi, P. Vernaschi torna a ricordare che la secolarità è una caratteristica della sua identità. Auspico che nelle Costituzioni rivedute risulti con chiarezza che le Figlie della Carità sono secolari e come intendono tale secolarità, nella fedeltà al carisma che le identifica nella Chiesa.
Introduzione
Non diversamente da altre istituzioni ecclesiali plurisecolari, le Figlie della Carità hanno vissuto e stanno vivendo anni non facili. Pur essendo ancor oggi la Comunità con il maggior numero di membri (poco più di 24.000), in poco tempo hanno visto assottigliarsi notevolmente le loro file: basti pensare che nel 1965 erano 45.000. Il progressivo invecchiamento di tante suore e il ridottissimo numero di nuovi ingressi; soprattutto nel continente europeo e nordamericano, le costringono ad abbandonare con dolore campi di attività di primaria importanza a livello assistenziale ed educativo. È vero, grazie a Dio, che la Compagnia va impiantandosi e crescendo nei paesi in via di sviluppo, ma il problema resta. L’ideale di vita tracciato da Vincenzo de’ Paoli e da Luisa de Marillac alle Figlie della Carità è di una bellezza incomparabile e di perenne attualità. Chi lo conosce a fondo ne rimane incantato e non può far a meno di chiedersi come mai esso non eserciti più il fascino di prima sulle giovani di oggi. Sappiamo bene che le cause della crisi delle vocazioni nei paesi del benessere sono molteplici e complesse. Ma non potrebbe essere anche che il progetto vincenziano originario e originale si sia un po’ appannato nel corso dei secoli? O che elementi mutuati da altre istituzioni ne abbiano alterato qualche tratto caratteristico? Giovane prete vincenziano e studente di diritto canonico all’ Università Gregoriana di Roma negli anni del fermento conciliare e postconciliare, al momento della scelta dell’ argomento della tesi di laurea chiesi al P. Jean Beyer, S. I., di poter prendere in esame l’origine della Compagnia delle Figlie della Carità sotto il profilo storico-giuridico. Lo feci con passione, studiando le varie fonti vincenziane e attingendo direttamente agli archivi parigini delle Figlie della Carità Rue du Bac e della Congregazione della Missione (Rue de Sèvres). Ne scaturì un contributo che nel 1968 fu pubblicato in Annali della Missione col titolo: «Una istituzione originale: le Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli», e uscì anche come volume separato di 160 pagine. Da diverso tempo e da più parti sono stato sollecitato a riprendere in mano quel lavoro giovanile per rivederlo e ripresentarlo. Mi sono finalmente deciso, a più di trent’anni di distanza. Il prodotto che ora mi trovo tra le mani è però, almeno in parte, qualcosa di diverso: un po’ meno elaborato e documentato, e perciò più maneggevole; in armonia con l’evoluzione del pensiero e della vita di questi decenni; possibile aiuto alla riflessione e invito alla speranza.
Ne faccio un omaggio alla memoria di Madre Suzanne Guillemin, «profeta della Compagnia delle Figlie della Carità», morta nel 1968, che mi incoraggiò quando stavo esaminando le carte degli archivi della Casa Madre e già si avviava quel processo di ritorno alle origini e di rinnovamento che avrebbe portato alla stesura delle Costituzioni del 1983. Può darsi che queste pagine possano risultare di qualche utilità nel momento in cui la Compagnia chiede a tutte le Figlie della Carità l’impegno di «revisione delle Costituzioni e degli Statuti», dato che lo scopo del processo di revisione non è prima di tutto di cambiare qualcosa nelle Costituzioni, ma di studiarle, di approfondirne la conoscenza, di coglierne tutta la portata, di farle diventare davvero la loro “regola di vita”: rivedere per rivitalizzare. Il passato delle Figlie della Carità è stato davvero glorioso: merita di essere ricordato e raccontato. Potranno esse costruire ancora una grande storia? Certamente questo è il mio auspicio. Sarei perciò contento se queste pagine, miranti a delineare l’identità originale delle Figlie della Carità, costituissero per ognuna di loro uno stimolo a «guardare al futuro, nel quale – come afferma Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Vita consecrata – lo Spirito le proietta per fare con loro ancora cose grandi».
Firenze, 25 marzo 2001
Autore: P. Alberto Vernaschi, C.M.
CLV – Edizioni Vincenziane