In Margherita Naseau, Vincenzo e Luisa leggono una luminosa risposta della Divina Provvidenza, che non abbandona mai i suoi prediletti, i poveri. Questa contadinella è un dono di Dio; ce ne volevano altre come lei, capaci di farsi letteralmente e spontaneamente “serve delle serve dei poveri” per amor di Dio. Da qui l’idea di mettere a disposizione delle dame queste aiutanti volontarie, animate unicamente dall’amore per i poveri, ma abituate per la loro origine ai lavori più duri e umili. L’esempio di Margherita Naseau fu comunicativo. Arrivarono ben presto delle contadinelle dai diversi villaggi. Basta sfogliare la corrispondenza tra Vincenzo e Luisa per averne un’idea. Verso il 1630 egli così le scriveva:
Mi rallegro della sistemazione di queste buone figliole…
Nell’agosto 1631:
Mi hanno scritto di una brava ragazza dei dintorni di Pontoise, che sarebbe molto adatta ed ha gran desiderio di servire Dio, istruendo i bambini…
Ancora il 17 ottobre 1631:
Se questa buona figliola di diciotto anni ha buon senso e fermezza di spirito, non abbia paura di lasciarle la cura delle ragazze… (fare la maestra a Meail). È meglio uno spirito buono a quest’età, che uno cattivo a cinquant’anni. … Dobbiamo augurarci davvero che le persone che si vorranno consacrare a quest’opera buona non abbiano altri progetti, né altra cosa da fare che questa.
Aumentando il numero delle ragazze, si cominciò ad avvertire la necessità di un regolamento per definire il loro rapporto con le dame delle confraternite della Carità. Tale regolamento, redatto da santa Luisa tra il 1630 ed il 1633 e corretto in alcuni punti da san Vincenzo, ci permette di cogliere dal vivo il momento in cui – per riprendere l’espressione del Fondatore – le Figlie della Carità cominciarono a unirsi e ad associarsi quasi impercettibilmente. Prima di essere inserite nelle diverse parrocchie di Parigi alle dipendenze delle Dame della Carità per i servizi più umili: rifare i letti, somministrare le medicine, le giovani facevano un ritiro di quattro giorni in casa di Luisa per una preparazione spirituale immediata. In una lettera del 1633, Vincenzo dà indicazioni precise e dettagliate circa i temi da trattare nelle meditazioni:
Per quella figliola che fa gli esercizi, giunta ormai alla confessione generale, potrà usare il Buseo in francese. Dopo la confessione, le proponga, come meditazione del primo giorno: l’Incarnazione; la Natività, da riprendere ancora nella terza meditazione; e per la quarta, i pastori. Nel secondo giorno: la prima meditazione sarà sulla Circoncisione; la seconda, sui Magi; la terza, sulla Purificazione; e, la quarta, sulla vita di Nostro Signore dai dodici ai trent’anni. Nel terzo giorno: la prima, sulla vocazione degli Apostoli; la seconda, sulla predicazione di Nostro Signore; la terza e la quarta, sulle Beatitudini. Il quarto giorno, la prima meditazione sarà sul giudizio, nella quale le farà considerare la felicità di coloro che hanno avuto compassione dei poveri, e che ripeterà una seconda volta. La terza e la quarta saranno invece su qualche mistero della Passione. Alla fine, le farà comporre la sua regola di vita, vale a dire l’organizzazione della giornata. I momenti per fare l’orazione saranno: la prima, dopo la levata; la seconda, alle dieci; la terza alle due; la quarta, alle cinque. Tra i libri, proponga per la lettura il Granata e le vite dei santi, che si sono distinti nella carità.
Egli si preoccupa anche di farle istruire. Intanto Luisa osserva queste povere figliole, nota le loro difficoltà e forse si pone alcuni interrogativi: queste contadinelle, isolate nelle parrocchie e nei piccoli villaggi, come possono continuare nel duro servizio dei poveri, senza una guida? Chi può dare loro la competenza necessaria per assicurare ai poveri un servizio qualificato? Chi può curare la loro formazione spirituale per servire le membra sofferenti di Cristo con la sua stessa carità? Il servizio dei poveri è esigente e molti sono i pericoli. Ben presto si avverte la necessità di dare loro una preparazione spirituale più profonda e prolungata e di unirle in comunità sotto la guida di una medesima superiora e non di questa o quella dama.
Le giovani non erano legate da nessun vincolo. Unite a confraternite differenti, dipendevano dalle dame che se ne servivano. Mademoiselle aveva autorità solo su quelle di Saint-Nicolas. L’unione di tutte queste giovani in comunità, sotto le direzione di una medesima superiora, avrebbe offerto vantaggi sicuri.
Luisa ne parla con Vincenzo, che la invita ad attendere nella preghiera e nella riflessione. Entrambi restano in ascolto dello Spirito e aperti a percepirne la voce. Egli conosce bene la mentalità dell’epoca circa la vita religiosa femminile, ricorda l’esempio recente delle Visitandine di san Francesco di Sales. Perciò non si precipita, non scavalca la Divina Provvidenza, anzi deve frenare l’ardore di Luisa. Siamo prima del 1632 e san Vincenzo scrive a santa Luisa:
La prego una volta per tutte di non pensarci più, fino a quando Nostro Signore non le farà conoscere ciò che vuole. Per ora le suscita sentimenti contrari a ciò. Si desiderano cose buone con un desiderio che sembra essere secondo Dio, ma che, non sempre, lo è. Dio permette questo perché l’anima si prepari ad essere secondo ciò che desidera. Saul cercava un’asina e trovò un regno. San Luigi andava alla conquista della Terra Santa e conquistò se stesso e la corona del cielo. Lei cerca di diventare la serva di queste povere figliole, mentre Dio vuole che sia la sua serva. E, così facendo, forse servirà un numero ancora maggiore di persone. E quando lei fosse totalmente sua, non basterebbe forse a Dio che il suo cuore onori la tranquillità di quello di Nostro Signore? In tal modo, sarà puro e in condizione di servirlo.
Trascorre ancora un anno tra frequenti colloqui e un intenso scambio epistolare, che è emozionante rileggere. Nel maggio 1633, egli non è ancora sicuro, dinanzi a Dio, di come conciliare i due termini: Comunità di donne (quindi clausura) e libertà di andare per le vie e per le case. Perciò invita Luisa a pregare per conoscere meglio la volontà di Dio. Il momento voluto da Dio, sin dall’eternità, ormai si avvicina e, proprio durante il suo ritiro di dieci giorni, nell’agosto-settembre 1633, Vincenzo pensa seriamente a questa buona opera; e scrive tra settembre e ottobre di quell’anno a Mademoiselle Le Gras:
Bisogna proprio che ci vediamo prima che lei trattenga presso di sé queste giovani, anche se ciò non sarà possibile che verso la fine della settimana.
E così il 29 novembre 1633, senza rumore, senza sapere esattamente quali sarebbero stati i risvolti e gli sviluppi di questa decisione, ma certo di essere in sintonia con la volontà di Dio, san Vincenzo riunisce nella casa di Luisa, in rue de Versailles, le prime 4 contadinelle, che hanno al loro attivo solo un grandissimo desiderio di amare Dio e servirlo nei poveri. Nessuna di loro sa che sta vivendo un momento fortemente carismatico e che sta sorgendo un’alba nuova per i poveri, per tutti i poveri, … ovunque. È un momento straordinario per la vita stessa della Chiesa. Sta nascendo una nuova forma di vita consacrata femminile, al di fuori delle mura del convento: la Compagnia delle Figlie della Carità, la cui fisionomia verrà delineandosi nel tempo, con l’esperienza di ogni giorno, da cui Vincenzo e Luisa si lasceranno istruire. Come si presentano queste giovani alla Chiesa e al mondo? Per molti anni, Vincenzo e Luisa le presentano come semplici membri delle Confraternite della Carità nelle varie parrocchie di Parigi, non distinte da esse, a servizio delle dame, sotto la giurisdizione dei vescovi e dei parroci, pronte e libere di accorrere qua e là dove il bisogno le chiama. Non chiedono per loro né consensi, né autorizzazione alcuna. Non hanno fretta, lasciano che le cose si facciano da sé e si impongano se Dio lo vuole. Perché questa lentezza? Il motivo ci è noto: essi temono di vedere le Figlie della Carità confuse con le claustrali e di conseguenza dover dire: “Addio al servizio dei poveri!”.59 È necessario formare la nuova mentalità prima di tutto nelle figlie, poi negli altri.