Avete dei malati da guarire? Peccatori da convertire? Ricorrete all’infallibile efficacia dello Scapolare Verde! Mettetelo al collo o nascondetelo nel letto della persona che volete guarire o conquistare a Dio e poi pregate, ripetendo specialmente la giaculatoria insegnata dalla Madonna. In special modo le Figlie della Carità hanno un grave dovere di diffondere ed usare questo scapolare che la Madonna volle in particolar modo ad esse affidato per farle strumento delle sue misericordie. Ma di che si tratta? Cerchiamo di capirne di più facendoci aiutare da uno scritto del padre Maria-Edoardo Mott, sacerdote della Missione che ha conosciuto suor Bisqueyburu – la Figlia della Carità che ha avuto le apparizioni della Madonna e le disposizioni riguardo allo Scapolare – e ne ha raccolto la testimonianza.
Prefazione dell’autore
Pensavo dapprima di non mettere il mio nome in capo a questo lavoro, e sarei stato felice di rimanere nell’oscurità. Ma poi ho riflettuto che la mia qualità di testimonio mi obbligava a non nascondermi, poichè une testimonianza anonima ha d’ordinario poco valore. Fin dal 1870, mentre ero ancor giovane sacerdote, fui messo in relazione con Suor Bisqueyburu dall’onoratissimo Padre Etienne, nostro Superiore Generale, il quale, l’anno seguente, m’autorizzava in una maniera ancor più esplicita a ricevere le deposizioni della Suora, allora già superiora dell’Hôtel-Dieu di Carcassona. Per ricevere queste deposizioni, nel 1872 mi recai a Carcassona; ma debbo confessare che, nonostante questa autorizzazione così esplicita e che rivestiva quasi la forma di un comando, non ho potuto ottener grand che dalla troppo umile veggente. Ella si rinchiudeva in un silenzio quasi assoluto, provando un’estrema ripugnanza a parlare di quelle cose, e adducendo il pretesto che dal 1840, epoca delle prime apparizioni, aveva tutto dimenticato, non pensando pel momento che a compiere del suo meglio i doveri inerenti al suo stato. A queste ragioni, io penso che bisogna aggiungere la difficoltà che una superiora di cinquantaquattro anni poteva avere ad aprirsi, su tale materia, con un giovane sacerdote, il quale aveva appena ventisei anni e che era per lei uno sconosciuto. Fortunatamente Carcassona non era lontana da Narbona, il cui ospedale aveva per superiora Suor Buchepot, già maestra di noviziato, che aveva ricevute tutte le confidenze della Veggente. Mi recai dunque da lei, ed esse mi diede tutte le informazioni che potevo desiderare. Mi favorì anzi le lettere che Suor Bisqueyburu le aveva scritto all’epoca delle apparizioni, come pure la corrispondenza scambiata col suo direttore, P. Aladel, quello stesso che diresse S. Caterino Labouré e fece coniare la Medaglia Miracolosa. In seguito ho potuto procurarmi alcuni autografi del P. Aladel e altri documenti preziosi e perfettamente autentici. Ecco la trama di questo piccolo lavoro:
1. Cenni biografici della Veggente attinti dalle testimonianze scritte di alcune delle sue antiche compagne;
2. racconto delle Apparizioni, a cui lo Scapolare verde deve la sua origine; modo di impiegarlo; la sua efficacia e le approvazioni di cui è stato l’oggetto;
3. alcuni degli innumerevoli prodigi di guarigione de di conversione, di cui lo scapolare è stato istrumento.
Nostro Signore voglia servirsi di queste pagine per glorificare sempre più il Cuore Immacolato della sua santa Madre, della quale lo scapolare è l’insegna! Si degni ispirare a coloro che le leggeranno una confidenza ognor crescente nella bontà e potenza di questo Cuor, rifugio dei peccatori; e grazie alla sua intercessione sì efficace, possa veder ricondotte al suo ovile, in grande numero, le povere pecorelle smarrite, le quali in cielo canteranno eternamente le sue divine misericordie.
I. Cenni biografici di Suor Giustina Bisqueyburu
Infanzia
Figlia di Clemente Bisqueyburu, commerciante, e di Orsola Albina d’Anglade, nacque a Mauléon (Bassi Pirenei) l’11 novembre 1817, festa di S. Martino, ed il giorno dopo, 12 novembre, ricevette al fonte battesimale il nome di Giustina. Sul suo parentado ed i suoi primi anni non sappiamo quasi nulla; sappiamo soltanto che la famiglia di sua madre, ricca e nobile, abitava Oléron, ed è quivi, si ignora per quali motivi, ch’essa fu fin dai primi anni confidata a sua zia, Madamigella d’Anglade, sorella di sua madre, ed al suo zio signor d’Anglade, che le prese affezione e le legò anzi, morendo, tutta la sua fortuna. È dunque quivi ch’essa crebbe, fece la sua Prima Communione e compì la sua educazione.
Vocazione
Quando dovette prendere una determinazione sulla scelta d’uno stato di vita, ignoriamo in quale circostanze le si fece nota la chiamata divina. Sappiamo solamente che aveva allora 22 anni, e fu alla sua zia che domandò il permesso di partire. Madamigella d’Anglade, che l’amava molto, avrebbe voluto conservarla presso di sè; ma troppo buona cristiana per ostacolare l’adempimento dei disegni divini sopra quest’anima, quindi la lasciò partire verso la fine d’agosto 1839 per l’ospedale di Pau, dove fece il suo postulato sotto la condotta della rispettabile Suor Vallier.
Noviziato
Terminato il postulato, si recò a Parigi per fare il suo seminario o noviziato; e, cosa degna di nota, che non ebbe luogo senza un particolare disegno della divina Provvidenza, essa vi fu condotta dal santo sacerdote che divenne ben presto il confidente delle grazie straordinarie di cui fu l’oggetto. Questi era il padre Aladel, Direttore delle Figlie della Carità, il quale, trovandosi di passaggio a Pau per far ritorno a Parigi, s’incaricò volentieri di condurvi la giovane postulante. Ella fece il suo ingresso in noviziato il 27 novembre 1839, nono anniversario della celebre apparizione della Vergine a S. Caterina Labouré. Il buon Aladel, che guidava sì saggiamente nelle sue vie straordinarie la Labouré non dubitava punto di dover guidare per analoghe vie la postulante confidata alle sue cure pel viaggio da Pau a Parigi.
A Blangy
Terminato il noviziato venne inviata a Blangy (Senna-Inferiore) coll’incarico della scuola (1840). Non abbiamo notizie particolareggiate sul suo noviziato, durante il quale la regolare novizia passò quasi inosservata a tutti; ma la Direttrice, Suor Buchepot, che era a parte delle più intime confidenze della suora, potè ammirare le grazie e le virtù straordinarie che si nascondevano in quell’anima privilegiata.
A Versailles
Nel 1841 la troviamo a Versailles ove rimase fino al 1855. Qui pronunciò i suoi voti ed ebbe pure occasione di prodigarsi senza misura all’esercizio della carità, e di rivelare le attitudini eccezionali di cui era dotata per la cura dei malati. La sua buona Superiora, Suor Le Pelletier, era colpita da un cancro alla lingua che la faceva crudelmente soffrire, e che esigeva delle cure delicate e molto ripugnanti alla natura. Suor Bisqueyburu fu ben lieta di prodigargliele con grande affetto. Notte e giorno al capezzale della venerata inferma, si sforzava di lenire le sue sofferenze, di prevenire e di soddisfare i suoi più piccoli desideri; e quando giunse il momento della separazione suprema, la sua filiale devozione seppe renderle meno penoso il formidabile passaggio dal tempo all’eternià. Quando scoppiò la guerra di Crimea nel 1854 e l’autorità militare fece appello all’abnegazione delle Figlie della Carità per curare i feriti sul campo di battaglia, i superiori si arresero volentieri al desiderio da essa espresso di essere applicata a questo ufficio. Partì per Costantinopoli nel 1855, colle altre suore destinate ai medesimi caritatevoli uffici e come queste vi si dedicò senza misura. La loro abnegazione nel lavoro sì penoso delle ambulanze eccitò un ammirabile entusiasmo in tutti coloro che ne furono testimoni, senza distinzione di religione nè di nazionalità, provocò anzi una generosa emulazione perfino tra le file dello scisma e dell’eresia. Una dama inglese, miss Nightingale, posta da lungo tempo a Londra a capo delle opere assistenziali anglicane, ebbe il pensiero di dotare il suo paese di una istituzione simile a quella delle Figlie della Carità. Anzi andò a Parigi a trovare il padre Etienne, loro superiore generale, pregandolo di farle conoscere le regole e l’organizzazione di questa comunità, ch’essa voleva ricopiare. Avendo ottenuto tutto ciò che desiderava, stava per partire piena di confidenza nel successo della sua intrapresa. Ma Padre Etienne le disse: Signora, ammiro la vostra buona volontà e le vostre eccellenti intenzioni, ma non condivido la vostra fiducia. Sono convinto, al contrario, che il vostro tentativo non riuscirà.
– Come, esclamò miss Nightingale, che cosa mi manca ancora? Voi m’avete dato delle istruzioni molto precise: io stessa ho preso su ogni cosa delle note esatte e minute…
– Si, voi avete prese delle indicazioni come se si trattasse di costruire una macchina. La vostra potrà essere simile al modello che avete avuto sotto gli occhi. Non vi mancherà nè una vite nè una madrevite, e tuttavia non camminerà. Avete la macchina, ma dove prenderete il vapore? Il vapore, qui, à la carità, l’umiltà, l’abnegazione, l’obbedienza e tutte le virtù che sono l’anima della vita religiosa, e che non si trovano se non nella chiesa Cattolica (1). Copiate fin che volete le nostre istituzioni; io affermo senza timore che non potranno sostenersi. Il fatto giustificò pienamente le sue previsioni. La stessa cosa avvenne d’un simile tentative fatto in Russia dalla granduchessa Elena, e che non tardò a fallire. Questo motore onnipotente che non si può trovare se non nella Chiesa Cattolica, questa molla maestra che spinge i cuori delle Figlie della Carità e li rende capaci di sì gandi cose, questa carità di Gesù crocifisso era ben ardente nell’anima di Suor Bisqueyburu, e la rese infaticabile nel servizio corporale e spirituale dei soldati feriti, durante l’anno 1855 che trascorse nelle ambulanze di Costantinopoli.
Superiora
L’attitudine acquistata a curare i soldati fu sfruttata dai superiori che la distinarono da prima nell’ospedale militare di Val-de-Grâce, a Parigi e poi nel 1858, in qualità di superiora, nell’ospedale militare di Rennes. Ma anche qui non rimase che qualche mese, e gli ultimi giorni che vi trascorse le furono penosissimi; poichè un mese prima della sua partenza aveva ricevuto l’ordine di tenersi pronta a partire per Algeri al primo annunzio, e in pari tempo di conservare su tale cosa il più assoluto segreto. Il segreto fu infatti ben custodito, ma il cuore affettuoso della nuova superiora ne ebbe molto a soffrire. Affezionatissima alle sue compagne, ed anche all’ospedale che aveva stabilito su un eccellente piede, il pensiero della prossima separazione le era molto penoso, e la sua pena era tanto maggiore perchè non doveva lasciarla apparire all’esterno. Manifestò in questa circostanza una grande forza d’animo, e quando giunse l’ordina della partenza, vi si conformò prontamente e seppe partire senza far alcun rumore. Ad Algeri fu messa a capo dell’ospedale militare di Dey, casa importantissima e che richiedeva, per la sua direzione, una mano sicura e ferma e in pari tempo un cuore buono e materno, guidata da un giudizio retto. Suor Bisqueyburu non restò al disotto di questo compito, nei nove anni che adempì tale uffizio, dal 1858 al 1867. Si sarebbe anzi tentati di dire che riuscì troppo bene; poichè questo successo suscitò certe gelosie, che si armarono della calunnia, e la calunnia purtroppo trovò credito in alto, sottoponendo la nostra superiora, come vedremo, ad una ben dura prova.
Un bell’elogio
Una delle sue compagne che ebbe il grande vantaggio di passare 7 anni sotto la sua direzione ad Algeri, scrive nel 1907, quattro anni dopo la morte della nostra Suora: “All’uscire dal mio noviziato, per lo spazio di 7 anni, ebbi la grande fortuna di stare sotto la sua direzione. Ne ringrazio Dio continuamente, poichè tra le opere di questo grande ospedale, potevo credermi ancora sotto la direzione della santa madre Buchepot, nostra cara e venerata direttrice di noviziato. Suor Bisqueyburu era la regola vivente. Ella si serviva dello spettacolo dell’esattezza ai regolamenti, che regnava tra i nostri soldati e infermieri, per ispirarci una più grande e più soprannaturale fedeltà alle nostre sante regole della quale, del resto essa ci dava un mirabile esempio. Dappertutto e sempre la prima nell’adempimento del dovere, ci precedeva ancor più nella pratica della umiltà e della mortificazione. Nascondeva, sotto un esteriore austero, una grande bontà di cuore. La malattia d’una delle sue compagne era per Lei una prova dolorosissima, e quando l’inferma soccombeva, ne era inconsolabile. Nel 1866, otto delle nostre Suore su sedici furono colpite dal colera in meno di quanrant’otto ore, e tre morirono in poco tempo. La buona superiora si moltiplicava per curarle; e ad ogni nuovo decesso si offriva come vittima a Dio, supplicandolo di risparmiare le sue compagne. Così faceva altra volta la nostra Venerabile madre (S. Luisa di Marillac). Il suo dolore muoveva veramente a compassione, ed il nostro degno Padre direttore durava molta fatica a rianimare quest’anima d’altronde sì energica. Cinque volte di seguito ho veduto il suo cuore di madre sottoposto ad una tal prova. Era veramente straziante. E tuttavia la sua rassegnazione alla volontà di Dio era perfetta. La sua stima per la nostra cara vocazione era si profonda che non poteva comprendere la più piccola esitazione nei doveri e sacrifizi che essa c’impone. Pei suoi venerati superiori aveva un rispetto ed una obbedienza che le venivano ispirate dal suo grande spirito di fede, ed era pronta non solamente ad eseguire i loro ordini, ma anche ad assecondare i loro più piccoli desideri. Ebbe, a principio varie difficoltà, urtò pregiudizi che seppe dissipare, rimediò a tutto con saggezza e fermezza, e seppe cambiare le opposizioni, dapprima assai vive, in sentimenti d’ammirazione, pel modo con cui praticava le virtù e la santità d’una vera figlia di San Vincenzo de’ Paoli. La forza di cui ebbe bisogno per tutto questo, la trovò nella sua soda pietà, nella sua piena confidenza in Dio ed in una tenera divozione alle SS. Vergine.” Ma nulla mai potè far sospettare che fosse stata oggetto di favori soprannaturali.
La terribile prova della calunnia
Nel 1867, continua la testimone, ci fu tolta all’improvviso. Dio la trattò come tratta le anime che gli son care, permettendo che fosse sottomessa ad una delle più penose prove, quella della calunnia; calunnia alla quale, purtroppo, i superiori ingannati da false testimonianze, prestarono fede. Dietro loro ordine, in meno di due ore, dovette lasciare questo caro ospedale, dove tanto bene aveva operato, dove aveva tanto faticato e tanto sofferto. Ne fu strappata come un malfattore, senza neppur poter salutare nessuno degli ufficiali, dei medici, degli amministratori, che avevano ormai per lei tanta stima e venerazione. “Il medico della divisione, avendo saputo per caso di questa partenza precipitosa, prese subito un canotto per recarsi a bordo, insieme colla sua signora, onde esprimerle tutta la sua stima e tutte le sue condoglianze. Mi trovavo allora vicino ad essa, e non ho mai dimenticato l’espressione del suo sguardo. Ella sorrideva, ma come una santa, la quale, nulla comprendendo dei penosi avvenimenti di cui era la vittima, tuttavia accettava tutto come proveniente dalla mano di Dio. “Forse un ricordo delle visioni di cui l’aveva altra volta onorata la Vergine dal Cuore immacolato, Rifugio dei peccatori, stava allora nel suo pensiero e sosteneva il suo coraggio. D’altronde essa era ben lungi dal dubitare della trama indegna ordita dal demonio per nuocerle presso i suoi superiori, per quali avava tanto affetto e venerazione. La conobbe soltanto al suo arrivo a Parigi. Quivi apprese il doloroso errore du cui era vittima, e che la feriva nei suoi più delicati sentimenti. “Il suo zelo pel maggior bene dei suoi cari soldati infermi era stato interpretato nella meniera più indegna. “E Dio permise che dapprima fosse sola a sostenere tutto il peso di questa terribile prova. Il Padre Etienne, suo superiore generale, si trovava allora in viaggio. Il suo santo direttore di noviziato, Padre Aladel, confidente di tutti i suoi favori soprannaturali, era morto. La superiora generale da poco eletta, la Madre Felicita Lequette, non la conosceva e non poteva che crederla colpevole, talmente le accuse sembravano serie e degne di fede.
La liberazione
“Così la povera suora ebbe alora un momento di scoraggiamento, di cui si pentì quasi subito. Il Padre Etienne, ritornato dal suo viaggio, riconobbe ben presto la sua innocenza. Non ebbe infatti difficoltà a comprendere che quest’anima sì bella, che conosceva a fondo, che aveva già reso tanti servizi alla comunità, non era capace di quello di cui era stata accusata. “Per mostrarle che non aveva perduto per nulla la sua fiducia in lei, la mandò in Italia al servizio dello esercito pontificio, che si dedicava con tanto eroismo a difendere una causa, ahimè! già disperata. “Dopo aver passato tre giorni e tre notti sul campo di battaglia di Mentana, andò a Roma, a stabilire ed organizzare tre ambulanze, quella del Quirinale, quella di Sant’Agata, e un’altra di cui mi sfugge il nome. “Su questo nuovo teatro, dove essa spiegò lo stesso zelo che ad Algeri, Dio le procurava parecchie consolazioni. Il papa Pio IX. che ben presto aveva apprezzato il suo merito, la vedeva sovente e le diede più d’una testimonianza della sua paterna benevolenza. Giungeva talvolta sino a permetterle di accompagnarlo nella sua passeggiata a traverso i suoi giardini riservati. Mons. de Mérode, il quale occupava un sì alto posto nella corte Pontificia, la teneva pure in grandissima considerazione. “Ma essa era ben lungi dal gloriarsi di tali favori. Non ne parlava anzi mai. E Dio li permetteva senza dubbio come compenso di tutto ciò che aveva dovuto soffrire in occasione della sua partenza da Algeri. Il padre Chevalier, direttore delle Figlie della Carità, mi diceva un giorno che non poteva comprendere come una tale anima avesse potuto essere sottomessa ad una simile prova. “Un altro Missionario che la conosceva bene, disse parlando di lei: “Quale martirio! Bisogna che avesse una vocazione ben ferma per aver potuto resistere ad una simile tempesta”.
A Carcassona
Nel 1868 lasciò Roma per prendere la direzione dell’Hôtel-Dieu di Carcassona, ove Dio le accordò una grande consolazione. Ricevette quivi la visita del rispettabile Padre Doumercq. Direttore delle Figlie della Carità in Algeria, il quale, di passaggio a Carcassona, le disse quanto grande fosse il suo rincrescimento d’aver troppo facilmente prestato fede alle accuse ingiuste di cui era stata vittima, e d’esser stato causa, trasmettendole ai Superiori, della sua partenza sì brusca da Algeri; aggiungendo ch’egli aveva molto sofferto per essersi lasciato così ingannare. L’Hôtel-Dieu di Carcassona fu l’ultima sua tappa. Vi stette per trentacinque anni, dandovi come in tutti gli altri posti, l’esempio di molte virtù e operandovi un bene immenso.
L’organizzatrice de la riformatrice
Molte cose lasciavano a desiderare in questo stabilimento quando essa ne prese la direzione. Ma senza lasciarsi spaventare dalle difficoltà, risolvette di ristabilirvi l’ordine, mise coraggiosamente mano all’opera, e, coll’aiuto di Dio, la condusse a buon fine. Ecco quello che ci scriveva a questo proposito, il 18 maggio 1907, una delle sue compagne, Suor Naude, la quale transcorse con lei i sette ultimi anni di vita: “Suor Bisqueyburu, intelligentissima, d’un temperamento vivo ed ardente, s’occupava di tutti i particolari della sua casa e di tutto si rendeva conto da se stessa; facendo il giro degli uffizi in un batter d’occhio, visitando i malati nelle loro sale, rivolgendo ad ognuno una parola d’incoraggiamento e dedicandosi con tutto cuore e con ardore al servizio di Dio e dei poveri. “S’applicò, fin dal principio, a mettere su un buon piede il vecchio Hôtel-Dieu di Carcassona, che era in ben cattivo stato quando ella vi giunse. Fece rifare i pavimenti dei corridoi deteriorati dall’umidità che trapelava dal suolo. Fece construire il grande scalone di pietra che conduce alle sale del primo piano, e dotò di letti in ferro i poveri malati. Presso ciascun letto fece disporre ordinatamente una tavoletta di marmo rosso per la comodità del servizio; ammobigliò a sue spese il reparto degli uffiziali, mise dappertutto l’illuminazione a gas e fece collocare un orologio sulla sommità della cupola. Migliorò pure il vitto dei malati e delle Suore fino allora molto deficienti. “La cappella era terminata, ma era sprovvista di tutto. Fu la pia Superiora che la provvide di biancheria e di vasi sacri; di ornamenti festivi e di tutti gli oggetti necessari al culto. Organizzò un coro di canto e per accompagnarlo ricorse ad una giovane di buona famiglia che aveva subìto dei rovesci, e alla quale rese gran servizio utilizzando così il suo talento d’organista. “Incontrò da prima molte difficoltà da parte degli amministratori, ma seppe trionfare colla sua pazienza e la sua deferenza, unita ad una grande fermezza quando si trattava del dovere. Si conquistò così la lore stima al punto, che la rispettavano, la veneravano, la consultavano per molte cose e si monstravano deferenti ai suoi sentimenti. Ebbe coì la consolazione di vedere rimessi al posto d’onore i corcifissi e rispresa la preghiera a voce alta, la quale era stata soppressa. “I medici seppero egualmente apprezzare la sua abnegazione e tutte le sue altre qualità, particolarmente la sua esattezza nel far eseguire le loro più piccole prescrizioni. “Era, del resto, d’un tratto piacevole, e le persone del mondo, come pure i membri del clero coi quali era in relazione, trovavano una grende attrattiva nella sua conversazione”.
Il modello delle Figlie della Carità
Un’altra delle sue compagne, Suor Moy, la quale visse vent’anni sotto la sua direzione, le rese questa testimonianza: “I peccatori malati li amava con un affetto veramente materno. La sua felicità era quella di visitarli, di ascoltare le loro langnanze de di dar soddisfazione, tutte le volte che lo poteva. “La sua vigilanza era straordinaria, e siccome era dotata d’una grande agilità, si sarebbe detto che era dappertutto nello stesso tempo. “Era molto apprezzata dai medici e dagli amministratori. Le persone esterne ricorrevano a lei come un oracolo e trovavano sempre presso di lei forza e consolazione. Si dice ch’essa abbia fatto molto bene, aprendo il suo cuore e la sua borsa a tutte le miserie, a tutte le necessità; ma era abilissima in nascondere le sue opere buone. “Era molto pia, molto regolare, sempre alzata alle quattro, e, la prima alla cappella”. Nella circolare della Superiora Generale, in occasione della sua morte si legge: “Ella nutriva una singolare devozione verso la SS. Vergine, devozione che si manifestava nelle sue parole, e nella maniere fervente colla quale recitava il rosario. Allorquando un malato rifiutava i soccorsi della religione, Suor Bisqueyburu non voleva che la Suora della sala se ne lagnasse o ne parlasse apertamente, ma andava a recitare un Ricordatevi dinanzi alla Vergine della cappella, e raramente le sue preghiere rimanevano senza effetto. “Era sempre alzata alle quattro del mattino, finchè le sue forze glielo permisero; la prima a tutti gli esercizi della comunità, rigorosamente osservante del silenzio de di ogni regola. Non era però come quei Farisei del Vangelo ai quali Nostro Signrore rimproverava di imporre agli altri dei pesi ch’essi non toccavano neppure con la punta delle dita, e se qualche Suora l’ha trovata severa, ha pure dovuto riconoscere che lo era ancor più per se stessa che non per le altre. “Comprendendo e praticando con zelo e perfezione il voto di povertà, non perdeva mai un minuto. Sul letto delle sue sofferenze, ov’ella ha passato i dieci ultimi mesi della sua vita, lavorava ancore non appena la malattia le concedeva qualche istante di tregua, lasciando così alle sue compagne il perfetto modello di una vera serva dei poveri. Sì, ella li amava, i suoi cari poveri, ed il pensiero di doverli un giorno abbandonare lasciando l’Hôtel-Dieu, le straziava il cuore. Il buon Dio ha voluto risparmiarle questo supremo dolore, chiamandola a sè prima che venisse laicizzato uno stabilimento che fu per sì lunghi anni testimonio della sua abnegazione”.
La privilegiata di Maria
Dagli inizi della sua vocazione era stata, da parte della SS. Vergine, oggetto di favori soprannaturali, che faremo conoscere nella seconda parte. La sua umiltà seppe per lungo tempo tenerli completamente nascosti; ma nella sua ultima malattia le sue compagne finirono per strapparle a questo riguardo qualche confessione. Ne provò ben presto rammarico, ma Dio senza dubbio lo aveva permesso perchè noi avessimo una piena sicurezza sull’autenticità di questi favori. Qualche cosa tuttavia di questo segreto era trapelato, non si sa come; poichè un giorno, mentre ella trovavasi ad Algeri, alcune delle sue compagne essendo andate a trovare il buon Padre Girard, Superiore del gran Seminario, si venne a parlare della Medaglia Miracolosa, dello Scapolare della Passione, e finalmente dello Scapolare Verde, che già aveva manifestata la sua efficacia nella conversione dei peccatori. Insomma, dissero le suore, se per lo Scapolare Verde vi furono delle visioni, il segreto è rimasto ben custodito, poichè nessuno sa qual sia stata la fortunata veggente.
– Ma questa fortunata privilegiata, rispose il buon Padre Girard, è la vostra sì fervente Superiora…; oh! non l’andate a pubblicare dappertutto”. E a questa raccomandazione esse furono fedeli.
Da parte sua. Suor Bisqueyburu era molto abile nell’eludere le domande indiscrete che talvolta le venivano rivolte. “Più d’una volta, dice Suor Naude, noi l’abbiamo tormentata per farla confessare ch’era essa che aveva avuta la visione. Ma essa non s’era mai lasciata sorprendere e ci congedava in maniera da toglierci la voglia di farle nuove domande”. “Durante i suoi ultimi anni, dice un’altra compagna, Suor Brum, che era vissuta 18 anni con lei, noi le parlavamo sovente della fortuna di quelle anime che erano state favorite delle visioni della SS. Vergine. La intrattenevamo particolarmente circa lo Scapolare Verde, del quale essa ci raccomandava l’uso presso quei malati che erano lontani da Dio. Possiamo affermare che quando un malato era in pericolo e lo raccomandavamo alle preghiere della nostra buona Superiora, mentre gli mettevamo lo Scapolare Verde, sempre siamo state esaudite. “Ma quando cercavamo di sapere a chi la SS. Vergine aveva rivelato questo Scapolare, o essa sorrideva alle nostre domande importune, o ci mandava per maggiori schiarimenti ai nostri superiori, o ci diceva risolutamente: “Voi m’annoiate; lasciatemi tranquilla con tutte le vostre visioni”. Ma verso la fine della sua ultima malattia, Dio permise ch’ella non scorgesse il tranello di certe domande, e che senza volerlo si tradisse.
L’ultima malattia
Questa malattia fu lunga e le diede occasione di praticare molte virtù che edificarono grandemente coloro che la circondavano. Onde essere sicura di non mancare a nessuno degli esercizi di pietà prescritti dalla Regola, pregava due compagne di andare a farli ad alta voce vicino al suo letto, e s’univa ad esse del suo meglio. Inoltre, si teneva al corrente di ttutto ciò che succedeva in casa, e la governava ancore coi suoi ordini ed i suoi consigli. “Quando il male peggiorò, ci scrive Suor Naude, avremmo voluto parlarle di ricevere gli ultimi Sacramenti; e tuttavia, nonostante le sante disposizioni nelle quali la vedevamo, non osammo farlo. Avremmo voluto ch’essa stessa li domandasse. Ma ella, non credendosi senza dubbio in pericolo prossimo, non vi pensava. Ecco allora quello che feci. Introdussi lo Scapolare verde sotto il suo guanciale, dicendo tra me e me: Se questo Scapolare è stato rivelato ad essa, la SS. Vergine non permetterà che la sua figlia privilegiata parta da questo mondo senza i soccorsi della religione”. “Subito, cosa ammirabile, domandò il sacerdote e ricevette tutti i Sacramenti con segni della più grande pietà. “Questo avveniva due settimane prima della sua morte, e durante quelgli ultimi giorni, sì penosi per essa, ci edificò tutte colla sua pazienza, la sua dolcezza e la sua bontà verso tutti. “La sua debolezza era tanto grande come la sua magrezza, e non si poteva prolungare la sua vita se non a forza di iniezioni.
Il timore della morte
“Sentendo approssimarsi la sua fine, alzava frequentemente gli occhi al cielo, dicendo: “Il Cielo… Oh! il Cielo… il Cielo!”. Ed il suo sguardo sembrava dire: “Ma questo bel cielo sarà esso per me?”. Tanto temeva la morte, non per paura di morire, ma, come essa diceva, per timore di presentarsi dinanzi al Giudice Supremo colle mani vuote di meriti. “Come, le disse una delle sue compagne, conta per niente i 64 anni che ha passati al servizio di Dio e dei poveri?”. “È vero, rispose, ma che valgano queste opere?… Io sono stata così adulata! Non avrò già ricevuto quaggiù la mia ricompensa?”. “Tuttavia i suoi timori si dissiparono ben presto, e non ci parlò più che del cielo e della SS. Vergine”.
Le ultime esortazioni
“Ripeteva spesso: Amate la SS. Vergine, amatela molto. È così bella!”.
– “Sorella, le disse una volta Suor Luisa, si direbbe che lei l’ha veduta”. – Ma invece di rispondere, ripeteva: “Amatela molto. È così bella!”.
– Ma che cosa bisogna fare per amarla?
– Bisogna imitare le sue virtù.
“Mi arrischiai allora a farle delle domande, di cui non vide il tranello, e alle quali rispose semplicemente, senza dubitare che svelava un segreto di più di 60 anni”.
– Di qual colore era la sua veste?
– Bianca.
– E il suo manto?
– Bleu.
– Com’erano i suoi capelli?
– Sparsi. – E accompagnava la sua parola col gesto, mentre i suoi occhi sembravano rivivere dolci ricordi.
“Le mostrai lo Scapolare Verde, e subito mi disse: “Sì, è quella”. E lo baciò piamente.
“Le domandai ancora se la SS. Vergine le era apparsa a Carcassona. Allora comprese che si era tradita, e rispose con un tono poco grazioso: “Non so nulla”. Poi aggiunse: “Ma perchè ho detto questo?”. E quasi per cancellare l’impresione favorevole che aveva prodotto in noi la sua rivelazione, si fece premura die dire: “Ma io non sono che un’orgogliosa, ed il Padre Aladel, che sapeva tutto, mi diceva che io ero una folle. Non me ne parlate più. Lasciatemi tranquilla”. Da questo momento ci fu impossibile di saper altro; non ne volle più parlare”.
La morte
Poco dopo, il 23 settembre 1903 (anniversario dell’ordinazione sacerdotale di S. Vincenzo de’ Paoli), coi sentimenti della più grande pietà, rese dolcemente la sua anima a Dio, nell’ottantaduesimo anno di sua età, e sessantesimo quinto di sua vocazione, lasciando dietro si sè un profumo di santità. Non vi è dubbio che non contempli ora in cielo l’augusta Vergine, che si degnò così sovente manifestarsi a lei in questo luogo d’esilio! Era questa la convinzione delle Suore che l’avevano meglio conosciuta e avvicinata. Una di esse, tre giorni dopo la sua morte, il 26 settembre 1903, scriveva a Suor Naude: “Oh! mi lasci piangere con lei! È un sollievo poter versare le pena del proprio cuore in un cuore amico! “Il suo, cara Sorella, e il mio si comprendevano, e avevano per la cara defunta lo stesso affetto, la stessa venerazione. Essi sono uniti ora nello stesso dolore… “Oh! qual piacere richiamarmi i suoi begli esempi di umiltà, di fervore, di regolarità! Sempre sulla via del dovere, ferma e grande nei sacrifici, nelle sofferenze, nelle pene di ogni sorta; essa era, per noi il tipo di una vera figlia di S. Vincenzo de’ Paoli… “Ora à in cielo, santamente rapita alla vista di Colui che era quaggiù l’oggetto di tutto il suo amore, l’unico fine di tutti i suoi atti. Ma la sua felicità, ne son certa, non le fa dimenticare quelli e quelle che la piangono. Noi abbiamo lassù in essa una ben potente protettrice”. Qual glorioso corteggio le fanno ora in cielo le anime sì numerose che le devono la loro salute, grazie allo Scapolare Verde che le fu rivelato dalla Vergine del Cuore Immacolato, di cui c’intratterremo nella seconda parte!
II. Le Apparizioni dello Scapolare Verde
Abbiamo abbozzato a grandi tratti la vita di Suor Giustina Bisqueyburu; vita sì piena di meriti de di buone opere; vita che onora il grande S. Vincenzo de’ Paoli di cui era degna figlia; vita nella quale abbiamo potuto raccogliere più di una lezione di virtù, e i suoi esempi sono per noi un potente incoraggiamento al bene, alla pratica generosa del dovere, all’ oblìo di se stesso nell’esercizio della divina carità. Ma questi esempi sono così numerosi nella famiglia di S. Vincenzo, che da soli non avrebbero potuto determinarci ad occuparne il pubblico. Suscitando nella Chiesa quest’anima privilegiata e colmandola di grazie particolari, Dio non ebbe solamente di mira la sua santificazione personale, ma ancora una missione speciale che ha voluto confidarle e che interessa la salute di un gran numero di anime. Come già s’era servito d’una figlia di S. Francesco di Sales, santa Margherita Maria Alacoque, per manifestare al mondo il Sacro Cuore di Gesù, così ha voluto servirsi di una figlia di S. Vincenzo per rivelare il Cuore Immacolato di Maria, offrirlo alla venerazione dei fedeli, e fare della sua santa immagine uno strumento di salute per gli infedeli ed i poveri peccatori.
La Medaglia Miracolosa e lo Scapolare della Passione
Una prima manifestazione del Cuore di Maria l’abbiamo sul Rovescio della Medaglia Miracolosa di S. Caterina Labouré (1830), sul quale esso figura, trafitto da una spada, a lato del S. Cuore di Gesù coronato di spine e sormontato da una croce. Il 26 luglio 1846, un’altra Figlia della Carità, Suor Apollina Andriveau, doveva essere favorita dall’apparzione di Nostro Signore, che le rivelava lo Scapolare Rosso, sul quale, a lato del suo Cuore, figurava pure quello della sua Madre, per cui ricevetto il nome di Scapolare dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria.
Prima apparizione del Cuori di Maria
Ma sono le apparizioni a Suor Bisqueyburu, che hanno per principale oggetto il Cuore Immacolato. Di queste vogliamo ora parlare seguendo le note autografe della Veggente, quelle del suo direttore signor Aladel, e della sua direttrice, Suor Buchepot. Sappiamo già che, terminato il suo postulato all’Ospedale di Pau, Giustina Bisqueyburu fece il viaggio di Parigi, accompagnata dal Padre Aladel, e che entrò nel noviziato delle Figlie della Carità (140, via du Bac) il 27 novembre 1839. Vi arrivò troppo tardi per partecipare al grande ritiro che era terminato qualche giorno innanzi, e dovette aspettare, per entrare in vocazione, quello che si predica nel gennaio seguente. I santi esercizi si predicavano allora in una sala situata sopra la cappella, che aveva un altare sormontato da una statua della SS. Vergine. Questa statua miracolosa e entichissima, ha una storia molto intressante, ed è chiamata N. Signora della Missione. È dunque in questa sala, e dinanzi a questa statua, che la novizia fece il suo ritiro d’entrata; ed è pure durante questo ritiro, il 28-1-1840, che la Santa Vergine le apparve per la prima volta. La Suora era in preghiera, quando tutto ad un tratto la Santa Vergine si rese visibile ai suoi occhi. Era rivestita d’una lunga veste bianca, che scendeva sui suoi piedi nudi, e di un manto bleu molto chiaro, senza velo; aveva i capelli sparsi sulle spalle, e teneva tra le mani il suo Cuore, donde uscivano dalla parte superiore abbondanti fiamme. Univa alla maestà del contegno lo splendore di una bellezza tutta celeste. A questa vista, colpita d’ammirazione, e colta da uno spavento irriflessivo, la giovane Suora fu sul punto di gettare un grido. Essa fu favorita della prima apparizione verso la fine del ritiro, ed inoltre quattro o cinque volte durante il corso del suo noviziato, nelle principali feste della SS. Vergine.
Seconda apparizione: 8 settembre 1840, ed il suo scopo
Questo favore, fino a questo momento, sembrava essere una cosa tutta personale, e non avere altro scopo che quello di accrescere la sua tenera divozione verso il Cuore Immacolato di Maria. Ma il seguito mostrò che Dio aveva altri disegni. Preso il santo abito fu inviata a Blangy per farvi la scuola. Poco tempo dopo il suo arrivo, l’8 settembre 1840, festa della Natività della Santa Vergine, ebbe una nuova visione. La Madre di Dio le apparve durante l’orazione, tenendo nella mano destra il suo Cuore sormontato da fiamme, e nall’altra una specie di scapolare, o piuttosto la metà d’uno scapolare. Impropriamente è detto scapolare perchè non è affatto l’abito d’una confraternita, ma semplicemente due immagini riunite su un pezzo di stoffa verde rettangolare sospeso ad un unico cordone dello stesso colore. Piuttosto un medaglione di stoffa anzichè uno scapolare propriamente detto
Descrizione dello scapolare
Su una faccia del medaglione di stoffa era rappresentata la Vergine Immacolata nell’atteggiamento sopra descritto. Sull’altra, un Cuore trafitto da una spada, tutto infiammato di raggi più rispendenti del sole, e trasparenti come il cirstallo. Sono queste le espressioni stesse di cui si servì la Suora per descrivere la sua visione. Attorno la scritta di forma ovale sormontata da una croce in oro: “Cuore Immacolato di Maria, pregate per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”. Nello stesso tempo una voce interna si fece intendere alla Suora, onde rivelarle il senso di questa visione. Essa comprese che questa santa immagine doveva, per mezzo delle Figlie della Carità, contribuire alla conversione delle anime, particolarmente degli infedeli, e a procurare loro una buona morte; che bisognava farla eseguire al più presto, e distribuirla con fiducia.
L’esecutore degli ordini della Madonna
Suor Bisqueyburu dapprima fece parte di questo nuovo favore soltanto a Suor Buchepot con una lettera in data dell’8 ottobre 1840; il che fece ancora con molta timidità ed in grande segreto, “temendo che tutto ciò fosse effetto d’immaginazione, e volendo che tale comunicazione fosse per essa sola e nascosta a qualsiasi altra persona”. “Tuttavia, aggiunse, se voi credete necessario ch’io ne parli col buon Padre Aladel, lo farò ben volentieri”. L’apparizione si rinnovò il 15 agosto ed il 13 settembre 1841, e Suor Buchepot ne informava il Padre Aladel con queste poche righe: “Suor Bisqueyburu ha veduto nuovamente, il giorno dell’Aussunzione, e questa mattina durante il ringraziamento della comunione, la S. Vergine e lo Scapolare di cui già le ho parlato. Essa si sente fortemente spinta a manifestarglielo, e una tal cosa le costa talmente che le sue angoscie mi muovono a compassione. Le promisi che gliene avrei scritto una parola, affinchè giovedì quando scenderà da lei in parlatorio, la sua carità venga in suo aiuto”. Infatti il giovedì seguente, 16 settembre, il Signor Aladel ricevette questa nuova confidenza. Ma sia che egli non vi annettesse una grande importanza, sia che credesse prudente di non precipitare, onde provare se tali manifestazioni soprannaturali venivano da Dio, sembrò non occuparsi ancora attivamente nè della confezione, nè della distribuzione dello Scapolare.
Lagnanze della SS. Vergine, 3-5-42
La Santa Vergine se ne lagnò colla Suora in una nuova visione, di cui fu favorita, durante l’orazione del mattino, il 3 maggio 1842, giorno di comunione (allora la comunione quotidiana non era ancora in uso). Ecco in qual modo la Suora stessa racconta la sua visione a Suor Buchepot, in una lettera datata da Versailles, il 20 maggio 1842. “Mi è sembrato intendere una voce che mi dicesse ch’Ella non era contenta perchè si aspettava tanto tempo a fare gli scapolari. Essa era così bella…! Io le promisi di farlo sapere a lei, come pure a P. Aladel, perchè tutte e due esaminino bene se si tratta della sua santa volontà, e nello stesso tempo per pregarla di occuparsene il più presto possibile. – Spero di venir fra poco a Parigi, allora le dirò tutto quello che ho veduto ed intenso. – Mi è impossibile, per mancanza di tempo, di scrivere al P. Aladel; procurerò di farlo nella prossima settimana. Gli presenti i miei rispetti, e gli dica di pregare per una sua cattiva figlia”. Due giorni dopo, il 22 maggio, Suor Buchepot inviava questa lettera a P. Aladel, accompagnandola con le seguenti parole: “Le mando una lettera che ho ricevuto ieri. Veda che ci si fa premura… Se Lei è di questo avviso, scriverò di nuovo al signor Letaille. Sono meravigliata che essendo così divoto della Santa Vergine, egli trascini tanto a lungo i suoi affari. – Dopo che avrà letta questa lettera, voglia rinviarmela, onde possa risponderle… Aggiunga, se le piace un si o un no per riguardo al signor Letaille”. Vediamo da tutto questo come i desideri della SS. Vergine avevano cominciato ad essere eseguiti, poichè il signor Letaille era stato incaricato di far eseguire, il clichè, il quale doveva servire a stampare le immagini dello Scapolare, e che in parte egli era la causa del ritardo. Ecco ciò che rispose il giorno stesso, 22 maggio, il P. Aladel a Suor Buchepot: “Mi sembra che farebbe bene di scrivere nuovamente (al signor Letaille). Suppongo che siano le buone opere alle quali si applica che l’impediscono di affrettare le cose. Forse anche il suo incisore non è sollecito secondo i suoi desideri”.
I primi scapolari
Lo Scapolare venne finalmente confezionato, ma in piccolo numero soltanto, e venne distribuito con poca confidenza, e quasi come per prova. Anche i risultati furono ben poco soddisfacenti. La Santa Vergine ne manifestò parecchie volte il suo malcontento, nel corso dell’ anno 1846, alla Suora, la quale così scriveva il 4 giugno alla sua antica direttrice: “Soprattutto è necessario che sollecitiamo l’affare; vi è, disgraziatamente, molto ritardo…”. Si scusa poi di non andare a Parigi a trovare il P. Aladel, essendo trattenuta a Versailles onde preparare i suoi bambini alla prima Comunion. “Ma potrei scrivere, aggiunge, quantunque ciò mi costi. Che cosa deve pensare di me il P. Aladel per la poca confidenza che gli dimostro? Guarderò di correggermi e di lavorare per agire con tutta semplicità”. E in un’altra lettera, datata dal mese seguente dello stesso anno 1846, indirizzata pure a Suor Buchepot, essa le dice: “È da molto tempo che sono incalzata dal desiderio di scriverle, ma siccome temo sempre di essere nell’illusione, non osavo farlo. Oggi ho messo da parte questo timore mal fondato, e voglio essere a suo riguardo come un bambino che parla a sua madre con una completa apertura di cuore”.
Lo scapolare dev’essere propagato con fiducia
“Credo di aver ancora veduto; sì, io ho veduto, ne sono sicura. Bisogna assolutamente che il P. Aladel si occupi dello Scapolare, che lo propaghi, e tutto questo con fiducia. Finora sono certa ch’egli non vi ha dato grande importanza. In questo ebbe gran torto. È vero ch’io non merito che si presti fede a quanto dico, poichè sono una povera figlia sotto ogni rapporto. “Ma gli domando in grazia che non faccia questo per me, bensì gli domando, in nome di Maria, di farlo per quelle povere anime che muoiono senza conoscere la vera religione, sì, se si darà con fiducia, si otterrà un gran numero di conversioni”. Ma siccome essa sente che è cosa poco gradevole occuparsi di un tale messaggio, si domanda se sia tenuta ad adempierlo essa stessa. Aggiunge dunque: “Mi aiuti, mia buona Madre. – Mi consiglia lei di scrivere al P. Aladel? Credo sia più conveniente che gliene parli io stessa; che ne dice? È circa un anno che gliene ho parlato. Temo di vederlo; lo temo sempre molto. Il timore è più forte di me… Mi risponda, ne la prego, il più presto possibile; non bisogna perdere tempo”.
Le mani coi raggi
Le apparizioni del 1846 ebbero questo di particolare, che le mani della Santa Vergine erano piene di raggi, come nella Medaglia Miracolosa. Ecco quello che ne dice la Suora in una lettera alla sua antica direttrice, datata da Versailles, il 10 agosto 1846: “Il P. Aladel è arrivato? Avevo dimenticato di dirle ch’egli m’aveva chiesto se lo Scapolare (come era stato eseguito dal signor Letaille) fosse eseguito con fedeltà. Gli dissi che mi sembrava di si, ma forse l’ho affermato troppo leggermente, poichè, per quanto possa ricordarmene, mi sembra che non porti raggi che, uscendo dalle mani della Santa Vergine, cadono sino all’orlo della sua veste. E tuttavia mi sembra d’averlo veduto in tal guisa l’ultima volta. Mi sembra, compredetelo bene, perchè sono sempre portata a sonsiderare tutto questo come una illusione del demonio, il quale, forse si serve di ciò onde perdermi, facendomi credere delle cose che non sono. “Ma le ho detto che le dirò tutto; voglio quindi mantenere la paroale. Non parli di questo al P. Aladel; amo meglio parlargliene io stessa, poichè temo che trovi che non ho abbastanza confidenza in lui, come mi ha già rimproverato”. Ed essa domandò che le fosse inviata un’immagine dello scapolare, sulla quale avrebbe tracciato colla mantita i raggi, come li aveva veduti nell’ultima apparizione. Non si è creduto tuttavia di dover far rifare l’incisione, che rimane ed è ancor presentemente sanza raggi; pensando che l’omissione di questo particolare non impedisca che lo scapolare corrisponda nella sostanza ai desideri della Santa Vergine. Non vi sarà chi si incarichi di fare eseguire lo Scapolare tale quale fu rivelato dalla Vergine? Perchè omettere quei raggi che sono il consolante simbolo dell’efficacia della mediazione di Maria? Frattanto però venne sollecitata più attivamente la stampa e la confezione dello scapolare e venne distribuito con maggior fiducia.
Condizioni per l’uso dello scapolare
Ma ecco sorgere una difficoltà, che non trovava la sua soluzione nelle precedenti rivelazioni. Quali le condizioni richieste per rendere efficace l’uso dello scapolare? Era forse necessario sottoporlo ad una benedizione speciale, imporlo con certe cerimonie, obbligare coloro che ne fossero rivestiti a preghiere o a pratiche determinate, e non servirsene che in favore degli infedeli e nelle missioni straniere? Onde risolvere queste diverse questioni non vi era che un solo mezzo, quello cioè che la Suora pregasse la SS. Vergine che volesse rispondervi. Ma siccome ella provava in questo una grande ripugnanza, il suo direttore dovette obbligarvela. “Obbedirò, scrive ella alla sua antica direttrice, ma con ripugnanza; non mi sento capace di nulla domandare, e mi trovo in una ben triste condizione”.
La risposta della Madonna
La Veggente infatti obbedisce, e l’8 settembre seguente (1846), festa di Maria Bambina, le appare di nuovo la Madonna con le mani piene di raggi e risponde ai suoi dubbi. “Questo Scapolare non essendo, come gli altri, l’insegna d’una confraternità, ma semplicemente una doppia immagine pia collocata sopra un sol pezzo di stoffa e sospesa ad un cordone, come sarebbe una medaglia, non occorre una formula speciale per benedirlo; nè si tratta di imporlo. Basta che sia benedetto da qualunque sacerdote, e portato dall’infedele o dal peccatore che si vuol sottomettere alla sua benefica influenza. Lo si può ancora mettere, a sua insaputa, tra i suoi abiti, o nel suo letto, o nella sua camera. Quanto alle preghiere da recitarsi, non ve n’è che una da dirsi ciascun giorno, quella che forma l’iscrizione ovale, da cui è circondato il Sacro Cuore sullo Scapolare: “Cuore Immacolato di Maria, pregate per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”. Se la persona in favore della quale questo Scapolare è applicato, non la dicesse, bisognerebbe che la dicesse in suo luogo la persona che ha impiegato lo scapolare. Questo Scapolare può essere adoperato in Francia come altrove. Le più grandi grazie sono annesse al suo uso; ma tali grazie sono più o meno considerevoli, secondo il grado di fiducia che lo accompagna. Tutto questo vien significato nell’ultima apparizione dai raggi più o meno grandi che escono dalle mani della S. Vergine.
La conferma del Cielo
Si è procurato di conformarsi a tali indicazioni, e lo scapolare produsse da quel momento, e continua ancora a produrre prodigi di conversioni senza numero, e talvolta anche di guarigioni. Questi prodigi non sono forse come una prova autentica dell’origine soprannaturale di questa divozione, e dell’approvazione che Dio stesso sembra così averle accordato?
L’approvazione della Chiesa
Ma si può domandare se essa è stata sottoposta al contro della Chiesa, se ha in suo favore qualche approvazione ecclesiastica. Dapprima tutto porta a credere, sebbene non ne abbiamo una testimonianza scritta, che il P. Aladel, sì saggio, sì prudente, sì circospetto, non abbia permesso la confezione e la distribuzione dello Scapolare Verde senza essersi assicurato della previa approvazione dell’Arcivescovo di Parigi, Mons. Affre. Già si era veduto nel 1832 domandare umilmente al predecessore di Monsignor Affre, cioè a Mons. de Quelen, l’autorizzazione di far coniare la Medaglia rivelata nel 1830 a S. Caterina Labouré. Come dunque supporre che per lo Scapolare si sia creduto dispensato da un simile modo di procedere? Come pensare che il signor Letaille, editore così cristiano, abbia voluto prestare il suo concorso alla diffusione di una divozione che non fosse stata autorizzata dal primo pastore della diocesi? Tuttavia, spandendosi a poco a poco questa divozione, non solamente in tutta la Francia, ma ancora all’estero, un’approvazione semplicemente diocesana poteva sembrare insufficiente. Perciò venne sollecitata da Pio IX una più larga approvazione a mezzo del P. Borgogno, procuratore generale della Missione presso la Santa Sede, e la sua pratica ebbe un pieno successo. Ecco in qual modo ne rende conto in una lettera in data del 3 aprile 1870: “Avendo parlato al S. Padre dello Scapolare Verde, egli me ne domandò l’origine, ed io gliela raccontai, aggiungendo che si erano constatate delle grazie particolari di conversioni, ottenute per suo mezzo, fra peccatori induriti nella colpa. Avendomi allora domandato se ne avessi qualcuno presso di me, gli risposi di sì, e glielo mostrai. Il S. Padre lo prese, lo considerò attentamente e mi disse: “È una bella e pia immagine”. Poscia aggiunse: “Ebbene, che desiderate voi a questo riguardo?”. Nient’altro, gli risposi, che il permesso per le nostre Suore (le Figlie della Carità) di fare degli scapolari simili a questo e di distribuirli. Allora egli disse: “Dò ogni permesso a questo scopo. Scrivete a quelle buone Suore che le autorizzo a confezionare e distribuire questo scapolare”. È dunque con cognizione di causa, dopo aver considerato attentamente quest’immagine, che il Papa lodandone la bellezza e la pietà, le diede la sua approvazione.
Approvazione scritta del Vescovo e del Superiore Generale
Che cosa si poteva desiderare di meglio? Non si tratta infatti, nel caso, che d’una semplice immagine pia, e non dell’insegna d’una confraternita. E il nuovo Diritto Canonico (can. 1685) che proibisce di stampare alcuna immagine pia senza l’autorizzazione ecclesiastica, dice che tale autorizzazione dev’essere data dall’ordinario del luogo abitato dall’autore, o nel quale l’immagine viene stampata: aggiungendo che pei religiosi è necessario inoltre il permesso d’un superiore maggiore.Orbene, nel 1911, apparve a Lilla una notizia di otto pagine sullo Scapolare Verde, che riproduceva le due immagini; e tale notizia portava l’approvazione dell’Onoratissimo padre Fiat, Superiore Generale della Missione delle Figlie della Carità (8 luglio 1911), e l’approvazione di Mons. Delamaire, coadiutore e subito dopo arcivescovo di Cambrai (13 luglio 1911). Finalmente, il presente lavoro, che riproduce le stesse due immagini, porta egualmente l’approvazione e l’autorizzazione del Superiore Generale della Missione e dell’autorità diocesana di Parigi e di Casale.
Lo scapolare sul tavolino di Pio XI
Inoltre lo Scapolare Verde non era sconosciuto a Pio XI, perchè esso figura sul suo tavolino di studio, a lato della Medaglia Miracolosa. Ecco ciò che ci scriveva a questo riguardo la Superiora Generale delle Figlie della Carità, parlandoci del suo viaggio a Roma, e della sua udienza del 27 gennaio 1923. “L’udienza del S. Padre è stata consolante. Dicendogli che le nostre Suore si servivano con successo dello Scapolare Verde per la conversione dei peccatori, ne presentai uno a Sua Santità, che lo prese tra le sue mani, poi lo conservò sul suo tavolino insieme colla Medaglia Miracolosa”. Non vi è dunque alcun motivo di inquietarsi circa la legittimità di questa divozione. Non solamente essa non cade sotto alcuna censura, ma si presenta ancora alla pietà dei fedeli con tutte le garanzie che esige la Chiesa. Così, dopo esser vissuto lungamente nell’ombra (forse troppo lungamente), non teme ora di apparire alla luce. Per servirsene con frutto basta far benedire lo scapolare da un sacerdote e osservare le condizioni precedentemente indicate.
Autore: p. Maria-Edoardo Mott, C.M.