Sessant’anni fa moriva suor Teresa Tambelli e, si sa, quando muore una persona carissima il cui spessore spirituale è immediatamente fiutato dai poveri e a furor di popolo ha già fama di santità, non si trovano parole adatte a consolare, prevale il dolore affettivo del cuore che fa difficoltà a reggere al venir meno di una presenza tanto amica, amata, cara e stimata. I poveri, la gente comune, le consorelle della casa la piangono e, sebbene la fede solleciti la certezza di avere una protettrice in Paradiso, il pensiero di non vederla più aggirarsi per casa, per le strade e i vicoli della miseria, addolora immensamente, provoca smarrimento e angoscia per aver perso il trait- d’union con Dio, colei la cui vita parla a Dio dei poveri e ai poveri di Dio in un mondo di emarginazione e di esclusione.
Suor Teresa che come tutte le Figlie della Carità ha avuto … per chiostro le vie della città… per grata il timor di Dio…, per velo la santa modestia…, secondo l’ideale di vita tracciato da san Vincenzo de’ Paoli e santa Luisa de Marillac, considerata dalle consorelle …come… angelo custode della Marina, … l’angelo di tutte le altre suore, … angelo di conforto per i poveri, è ricordata dal giornale diocesano e cittadino all’indomani della morte per la sua trasparente testimonianza di “sequela Christi” e l’ardente vita interiore, paragonata a una … fiaccola della Carità… e negli anni celebrata con altri importanti articoli sulla sua figura di donna, di madre dei poveri, di consacrata … fino ai nostri giorni ricordata anche come … l’angelo dei ragazzi di strada.
Suor Tambelli è stata anche colei che, col suo seguito di Dame, Damine della Carità, alunne ed ex alunne, sin dal 1933, nella consapevolezza che Dio ama i poveri e a loro provvede in ogni modo, nel suo totale affidamento alla Provvidenza, porta in città una forza nuova di Carità capace di spazzar via ogni pregiudizio e qualsiasi remora nei confronti di ogni categoria di persone! Nonostante la penuria dei mezzi a disposizione, nel Natale di quell’anno ormai lontano, e in tempi non sospetti, inventa il “pranzo dei poveri”, …si trattava del pranzo per mille e più poveri!.
Nell’ammirare tutto ciò, san Vincenzo avrebbe detto: quale felicità figlie mie lavorare per Dio… rallegrare i poveri… Dio vi guarda, non dalla finestra ma da ogni parte in cui andate; osserva in qual maniera fate il servizio ai suoi poveri membri e sente una felicità indicibile quando vi vede procedere con modi gentili desiderando solamente di rendergli questo servizio. Questa è la sua gioia, la sua felicità, la sua delizia! …. Quale felicità… mie care figlie, poter colmare di gioia il nostro Creatore!.
È la Carità di Cristo che, in suor Teresa trovando spazi di inusitata apertura, bontà, misericordia e tenerezza, la muove! Così è della sua mente che, come già Santa Luisa de Marillac, ragiona secondo l’impulso dello Spirito di Carità che configura il suo modo di essere e di agire sulla realtà concreta della persona, in modo discreto, gratuito, umile e fecondo.
“Trasformata dal Cristo che vive in lei” passo dopo passo, di casa in casa, di cuore in cuore, sbriciola il Vangelo della consolazione e della misericordia; alle mense dei poveri, degli esclusi ed emarginati nutre il corpo, alimenta la mente di speranza e l’anima di dolce certezza. Suor Teresa sa rendere tutti migliori: i ricchi sono aiutati a non accumulare tesori per se stessi ma ad arricchirsi di tesori in cielo, i poveri, saziati di beni, sono arricchiti di amor di Dio, di perseveranza nel bene e di una coscienza cristiana che poi è via via progredita.
La sua vita cristiana che a ben ragione si annovera fra i “santi della porta accanto” ha sempre avuto “l’odore del gregge” e oggi più che mai rammenta anche a noi “cercatori di Dio” in cammino per radicarci nella vita buona del Vangelo, il modo di incontralo e di servirlo nei poveri secondo l’unicum del nostro carisma vincenziano.
Autore: M.R. Columbano, FdC