Nasce a Lanusei, il 2 novembre 1903, Rosina De Muro. Dal 31 dicembre 1925 diventa Figlia della Carità. Suor Giuseppina mette a disposizione dei poveri, dei sofferenti, dei carcerati in particolare, il suo carattere forte e audace, la sua intelligenza creativa, una Carità smisurata. Per quarant’anni, fino al ritorno al Padre il 22 ottobre 1965, serve Gesù nelle carceri “Le Nuove” di Torino. Suor Giuseppina, sin dal 1926, si dedica allo studio, impara a suonare l’armonium, strumento che utilizza per apportare gioia all’animo sofferente delle carcerate. Preoccupata dell’integrale crescita umana dei suoi poveri, realizza diverse scuole e corsi: un Asilo Nido per i piccoli allevati con le loro madri che espiano la pena; una scuola per imparare a leggere, scrivere e fare conti; corsi di rattoppo, di stireria, di maglieria.

Fa tesoro delle parole di Gesù che ai discepoli dice: Siate prudenti come i serpenti e semplici come colombe, quando durante la Seconda Guerra Mondiale, nel periodo dell’occupazione nazista, utilizza tutto il suo coraggio e il suo ingegno per mettere in fuga tanti prigionieri condannati ingiustamente. In un ambiente tetro e tragico, teatro di vicende riprovevoli, suor Giuseppina riesce a portare letizia, armonia e un clima più sereno. Animata da una fede salda e una speranza certa nel buon esito delle vicende umane, è protagonista di molteplici fatti:

– la revoca dell’esecuzione capitale di un padre di famiglia condannato a morte per ragioni politiche;
– la salvezza di una giovane ebrea trattenuta presso il carcere “Le Nuove”. Suor Giuseppina si appella al Regolamento penitenziario del 1931 che prescrive il trasferimento di un detenuto solo se si conosce prima e con esattezza il luogo di destinazione;
– il ricovero infondato di due coniugi ebrei che si salvano fuggendo dall’ospedale in cui si trovano;
– la sottrazione alle SS di un bambino di appena nove mesi che nasconde in un fagotto di lenzuola sporche e fa uscire dal carcere;
– si reca di persona dal prefetto Zerbino per ottenere la scarcerazione di oltre 500 detenuti politici detenuti alle Nuove, sfidando la morte a causa dei cecchini che sparano ai passanti dai tetti delle case semidistrutte dai bombardamenti. Il tutto avviene senza spargimento di sangue.

Suor Giuseppina non manca mai di compiere gesti quotidiani di carità, come trasmettere di nascosto ai prigionieri le notizie dei loro familiari; consolare le madri alle quali si comunica la tragica fine dei loro figli fucilati al Martinetto; consigliare i prigionieri sull’adattamento alla vita penitenziaria e al regime intramurario imposto dalle SS; ricorre a sotterfugi come lo scambio di lastre e di altri esiti medici, grazie alla complicità del dottore in carica, per trasferire in infermeria detenuti politici al fine di offrire loro un trattamento meno disumano. Mostra un’enorme compassione al momento della scarcerazione delle milizie tedesche che comandavano il famigerato Braccio 1. Memore della loro disponibilità espressa durante il 1943-45, dà loro abiti civili per potersi salvare da eventuali vendette sommarie.

Fa aprire la “Casa del Cuore” per le detenute senza dimora, con difficoltà economiche, alcune con figli minorenni. Colpita ripetutamente da ictus, lascia le Carceri per Pallanza, sul Lago Maggiore, per essere curata. Aggravandosi la sua condizione, ella stessa chiede di essere riportata alle Nuove, dove desidera morire. E così sarà.

In vita è insignita della Medaglia d’Oro al merito della redenzione nel 1955, della Mimosa d’Oro nel 1962 dall’Unione Donne Italiane e del premio della Fascia Tricolore. Dopo anni di studi e ricerche, raccolte di documenti e interviste, il 3 dicembre 2024 è riconosciuta “Giusta tra le Nazioni” dal Centro Ebraico di Gerusalemme, ulteriore evidenza del suo amore misericordioso e della sua ardente Carità. Rimane un esempio per le sue consorelle e un’indelebile segno di amore nel cuore di quanti sono stati da lei accuditi e hanno potuto così godere un po’ del Paradiso.

Autore: la Redazione