Il nostro onoratissimo Padre, giunto nel luogo della conferenza, dopo avere invocato secondo il solito l’assistenza dello Spirito Santo, disse: «Mie care sorelle, ringrazio Dio di avermi conservato fino ad ora, concedendomi la consolazione di vedervi riunite tutte insieme. Avrei desiderato radunarvi nel colmo della malattia della buona Madamigella, come potete facilmente immaginare, ma sono stato anch’io malato, e ne sono rimasto molto indebolito. Il beneplacito di Dio ha tutto disposto, a mio parere, per la maggior perfezione della persona della quale parleremo, ossia di Madamigella Le Gras. Ed anche del buon signor Portail, che è stato sempre tanto zelante per la santificazione della Compagnia, se qualcuna vorrà dirne qualche parola, sebbene questo non sia il soggetto della conferenza, farà cosa grata. Il soggetto riguarda Madamigella Le Gras, le virtù che avete notate in lei e la scelta di quelle che desiderate imitare. Mio Dio, siate sempre benedetto!».
Poi, cominciando ad interrogare le suore, aggiunse: «Il primo punto di questa conferenza è sulle ragioni che le Figlie della Carità hanno di parlare delle virtù delle loro sorelle andate a Dio, e particolarmente di quelle della loro carissima madre, la defunta Madamigella Le Gras; il secondo punto, sulle virtù che ciascuna ha notato in lei; il terzo punto, quali siano le virtù che maggiormente colpiscono e che ciascuna si propone d’imitare, con l’aiuto di Dio. Orsù, sorella, quali ragioni avete di parlare delle vostre sorelle defunte e particolarmente della vostra cara madre?».
– Padre, la prima ragione mi pare sia quella di ringraziarne Dio; la seconda per incoraggiarci ad imitare le sue virtù; non facendolo, proveremo molta confusione davanti a Dio, perché Egli ce l’aveva data per questo. Le virtù che ho notato in lei sono state, prima di tutto, la sua continua elevazione a Dio nelle pene e nelle malattie, considerando sempre il beneplacito di Lui in tutto. Nessuno l’ha mai sentita lamentarsi nelle sue infermità; dimostrava, anzi, uno spirito lieto e sereno. Amava molto i poveri e gioiva nel poterli servire. L’ho vista raccogliere alcuni poveri che uscivano di prigione, lavar loro i piedi, curarli e rivestirli con i panni di suo figlio. Aveva molta pazienza con le suore inferme, andava spesso a visitarle nell’infermeria, contenta di render loro qualche piccolo servizio. Era premurosa di assisterle in morte, e se ciò avveniva di notte si rialzava, a meno che non fosse ammalata; in tal caso, se non lo poteva, incaricava tutti i giorni la sua assistente di visitarle a nome suo, mandando loro il buon giorno e qualche parola di conforto. Cercava di visitare anche le suore morte nelle parrocchie di Parigi, ed aveva tanta tenerezza che erano necessarie molte precauzioni per avvertirla della morte delle suore. Ne rimaneva talmente afflitta da spargere qualche volta molte lacrime. Aveva anche un viva tenerezza naturale per suo figlio e la sua famiglia. Era la prima ad accusarsi delle sue colpe e chiedeva perdono a tutte le suore. L’ho vista distendersi in terra, chiedendo d’esser calpestata. Lavava anche i piatti e avrebbe desiderato fare i lavori più umili della Casa, se ne avesse avuto la forza. Serviva qualche volta in refettorio, e talora vi chiedeva perdono e faceva atti di penitenza, come tenere le braccia stese, o distendersi in terra.
«Ah! Salvatore! E voi, sorella, che avete osservato?».
– Padre, Madamigella aveva una grandissima prudenza in tutto, e sembrava che sapesse i difetti di ciascuna, perché ce li diceva prima che le avessimo parlato. Ma usava molta prudenza nell’avvertire. Raccomandava di non cercar mai il proprio interesse nelle nostre azioni. Aveva anche un’intensa vita interiore.
«Sorelle, questa vostra compagna ha osservato una virtù principale, che è la prudenza. E’ vero che anch’io non ho mai conosciuto una persona più prudente di lei. Lo era al sommo grado e mi auguro che la Compagnia abbia tale virtù. Essa consiste nel vedere il tempo, i mezzi, il luogo in cui dobbiamo dare gli avvertimenti e come dobbiamo comportarci in tutto. Non era una prudenza comune la sua; ma l’aveva al massimo grado. Prego Dio, sorelle, di darvi tale virtù quanto Egli sa averne voi bisogno; poiché, sorelle, avete da trattare con persone di condizione elevata e con i poveri. Dovete sapervi comportare in qualsiasi circostanza. E come farlo? Con la prudenza. Vi è una falsa prudenza, la quale non bada né al tempo né al luogo, e ci fa fare inconsideratamente ogni cosa. Perciò, sorelle, ricordatevi del tempo in cui Dio vi ha riunite e quanto l’hanno pagata cara coloro che hanno mancato di prudenza. Si sono lasciate trascinare a cose che, alla fine, hanno fatto perder loro la vocazione. E’ difficile non cadere in questa colpa. Ahimè! Mio Dio! in tutti gli ordini religiosi, c’è stato sempre qualcuno che ha mancato di questa virtù. Che cosa farà dunque tra voi l’imprudenza? Farà che, mentre si dice bene di voi da una parte, si dica male dall’altra. A Narbona tutti dicono tanto bene delle nostre suore! Esse sono di una modestia e di un’edificazione mirabile. Altrove diranno: Queste suore non sono affatto prudenti e non badano a quello che fanno. La prudenza dunque, care sorelle, è una virtù che porta a fare tutte le cose nel debito modo. Prudenza, sorelle, prudenza in tutto. E che farete, care sorelle? Prenderete la risoluzione di ben praticare tale virtù tutta la vostra vita e di chiedere il soccorso del buon Dio. E chi vi aiuterà in questo? La vostra buona madre, sorelle, che è in Paradiso. Essa non ha ora meno bontà per voi di quella che ne aveva prima; ed anche la sua carità è molto più perfetta, perché gli eletti amano come Dio vuole. Prudenza dunque, sorelle. Dio ve la concederà se gliela chiederete per amore di lei; perché sebbene non si debbano pregare in pubblico i morti che non sono canonizzati, lo possiamo privatamente. Potete perciò chiedere la prudenza, per mezzo suo. Siate prudenti in tutte le vostre azioni, ed avrete sempre pace e tranquillità, altrimenti troverete disordine dappertutto. Dio sia benedetto! Conoscerete il suo valore. Dio sia benedetto! Sì, questa virtù era in Madamigella Le Gras ad un punto che non riscontro in altri di mia conoscenza». Poi, il nostro onoratissimo Padre, domandò ad un’altra suora: «E voi, sorella?».
– Padre, ho osservato che essa aveva gran cura e desiderava vivamente che la Compagnia si conservasse nello spirito di umiltà e di povertà, e ripeteva spesso: “Noi siamo le serve dei poveri, perciò dobbiamo essere più povere di loro”.
«Voi dite una grande verità, sorella, affermando che amava tanto la povertà. Ricordate com’era vestita; molto poveramente. E questa virtù era talmente radicata in lei, che per l’addietro mi chiese il permesso di vivere da povera. Rispetto alla Compagnia, ha sempre raccomandato che conservasse questo spirito, il quale è un mezzo supremo per mantenerla. E’ una virtù che Nostro Signore praticò sulla terra e volle che gli apostoli praticassero. Perciò è detto: “Guai ai ricchi!”. All’opposto fa vedere la bellezza di questa virtù. E poi voi siete serve dei poveri, è l’unico titolo che vi è dato in tutte le lettere sia del Santo Padre che del Parlamento. Era lo spirito di Nostro Signore, il quale era povero in tutto, nelle vesti, nel cibo, nello spirito. Lo dice Lui stesso: “Le volpi hanno la loro tana e gli uccelli il loro nido; ma il Figlio dell’uomo non ha dove riposare la testa”. Vedete, dunque, sorelle, il Figlio di Dio ebbe questo spirito e vi ha ispirato questa virtù che Madamigella Le Gras ha sempre fatto osservare da venticinque anni: povertà negli abiti, nel vitto, in quello che occorre per sostentarvi; ed ha sempre pensato che la felicità della vostra Compagnia era la povertà del vostro refettorio. Se quello che vi è dato non vi basta, è segno che non avete questo spirito. Donde viene che siate richieste in tanti luoghi? Perché dicono: sono suore che si contentano di cento lire ciascuna per il vitto e mantenimento. Siete ammirate per questo, ed esclamano: “Ecco delle suore venute da Parigi e che si contentano di pane e formaggio”, o qualche cosa di simile. All’opposto, se qualcuna si stanca dello spirito di povertà, a poco a poco quello che le è dato non le basterà più, come si è visto in alcune che erano sempre liete di andare a pranzo dalle signore. Sorelle, ho sempre creduto che la felicità della vostra Compagnia fosse la frugalità. Finché sarete frugali vi sarà affidato il denaro come ora. La caratteristica della virtù è che tutti coloro che si danno a Dio per obbedire ad altri diventano in qualche modo padroni. Se è una persona di servizio che obbedisce al suo padrone o alla sua padrona, come a Dio o alla Madonna, questa persona diventa presto padrona, perché i suoi signori vedendola in tali disposizioni, accondiscendono alla sua volontà che riconoscono retta, e così, le obbediscono. Sotto questo aspetto possiamo dire che diventi padrona. Sono sicuro che avrete visto casi simili nelle vostre parrocchie. Questa bella virtù vi farà dunque stimare dalle persone di condizione elevata. Se qualcuna dicesse: “Non siamo ben nutrite. Com’è possibile vivere in questo modo?” sorelle, se fosse fatto un discorso di tal genere, dovrete considerarlo come suggerito dal diavolo, cacciarlo e annientarlo fino dal principio. Se ciò avvenisse, dovreste resistere e gridare: “Al lupo! Se ci vogliono vestire di cenci, facciano pure”. Conservate l’amore della santa povertà ed essa vi salverà. Signore, stampate tali massime nel nostro cuore, in modo che in ogni Figlia della Carità sia palese lo spirito di povertà. Sia benedetto Dio, che ha dato questo spirito a Madamigella Le Gras! Ricordatevi come vi è stata costante. Amiamo, care sorelle, dietro il suo esempio, la virtù della povertà». La suora ricominciò a parlare, dicendo:
– Padre, essa manifestava affetto tanto all’una che all’altra delle nostre suore, in modo che cercava di appagare tutte quante.
«Dirò questo, sorelle: tale effusione di cuore non tutte la vedevano; eppure, so bene che amava tutte».
– Padre, essa aveva gran cura della salvezza delle anime. Aveva un’intensa vita interiore; era molto occupata in Dio.
«Ah! sorella, che vuol dire vita interiore e come l’aveva Madamigella? Essa si era sollevata a Dio perché da molto tempo l’anima sua si era stabilita in quello stato che chiamasi interiore. La vita interiore consiste, dunque, nel liberarsi dagli affetti del mondo, dei parenti, del paese nativo e di tutte le cose terrene. Chiedetelo spesso a Dio, e ripetetegli: “Distruggete in me, Signore, quello che vi dispiace e fate che io non sia più tanto piena di me stessa”. Madamigella Le Gras aveva il dono di benedire Dio in tutto.
Se, per l’umana infermità, cadeva qualche volta in piccole vivacità, non c’è da stupirsene; i santi dicono che non c’è nessuno senza difetti. Lo vediamo in quello che avvenne a S. Pietro e a S. Paolo. Dio lo permette per ritrarne gloria. Spesso quello che sembra ai nostri occhi un difetto, effettivamente non lo è, come scorgiamo in Nostro Signore stesso. E’ detto che Egli s’irritò quando scacciò i rivenditori dal tempio. Invece di essere un difetto, era un atto di pietà e di zelo per la gloria di Dio. Parimente vi sono cose che appaiono difetti, ma realmente sono virtù. Così, in Madamigella Le Gras si palesò qualche piccola impazienza. Non era nulla; sarei ben imbarazzato per scorgervi un peccato. Era sempre calma. E così, sorelle, se c’è in voi qualche moto d’ira, umiliatevi subito, come faceva essa. Vedete che cos’è una persona piena di timor di Dio. Sorelle, chiedete a Lui di concedervi la grazia, per le preghiere di Madamigella Le Gras, di fare una buona provvista di virtù. Pensavo poco fa, dinanzi a Dio, e dicevo: “Signore, voi volete che parliamo della vostra serva”, poiché è opera delle sue mani, e mi domandavo: “Che hai visto da trentotto anni che la conosci? Che hai scorto in lei?”. E m’è venuto in mente qualche moscerino d’imperfezione, ma peccati mortali, oh! mai. Il minimo atomo di pretese della carne le era insopportabile. Fu un’anima pura in tutto: nella gioventù, nel matrimonio, nella vedovanza. Scrutava minuziosamente i suoi peccati, con tutta la sua immaginazione. Si confessava con molta esattezza; non ho mai visto una persona tanto pura. Piangeva talmente che era difficile calmarla. Suvvia, pensate che la vostra madre aveva un buon fondamento ed una vita interiore che regolava la sua intelligenza in modo che non se ne serviva per altri che per Iddio e la sua volontà era tutta dedita ad amarlo. Sorelle, una suora di vita interiore, è una suora che si applica a Dio soltanto. Che cosa vuol dire, infatti, interiore, se non essere occupata di Dio? E’ chiaro. Invece, cercate nella vostra memoria, e vedrete che cos’è una suora senza vita interiore. L’avete visto in quelle che sono uscite. Ahimè! Com’erano fatte? Non avevano intima pace ed erano fastidiose a tutte. Suvvia, care sorelle, cerchiamo di acquistarla questa vita interiore. Quelle che sanno leggere, per aiutarsi leggeranno un libro che darò loro e che le istruirà un proposito. E come riuscirvi? Se una suora della vostra Compagnia si sentisse spinta a moti sregolati, dovrebbe dire a se stessa: “Ma come! Sono Figlia della Carità e per conseguenza figlia di Madamigella Le Gras, che era una donna tanto interiore, quantunque la sua natura avesse qualche inclinazione contraria. Voglio vincermi imitando il suo esempio”. Care sorelle, ecco la chiave della perfezione; dire spesso: “Non voglio più vivere secondo le mie inclinazioni; vi rinunzio interamente, per amor di Dio”. Sorelle, se sapeste qual felicità sia fare in questo modo! Finché vi studierete di essere interiori sarete nella via della perfezione. Oh! Ve ne sono, per grazia di Dio, tra voi che camminano in questa pratica da buone suore. Non vedo quasi mai una persona ragguardevole che non mi dica bene delle serve dei poveri. Me lo dicono, anzi, parecchie. Non temete, sorelle; non avete motivo di temere, Dio non vi mancherà. Quelle a cui Egli ha fatto la grazia di esercitarsi in tal virtù facciano dunque un fermo proposito di progredirvi sempre più. E quelle che per disgrazia hanno secondato le proprie inclinazioni e sono state immortificate, quelle suore, sorelle… Coraggio! Avete in cielo una madre che ha molto credito presso Dio e vi otterrà la grazia di liberarvi dai vostri difetti. Siate costanti, non rallentare i vostri sforzi; perché se si fa tanto d’indietreggiare una, due, tre volte, tutto è perduto. O Salvatore! Ah! Chiediamo a Dio questa virtù; chiedetegliela spesso. Ah! Mio Dio, ma come! Una suora della Carità dovrà dirsi, se c’è il male: “E’ forse per colpa mia?”. Sorelle, è il linguaggio di Giuda: “Numquid ego sum ? Sono io forse il cattivo?”. E così voi potete dire come lui: “Non sono io che impedisco alla Compagnia di progredire?”. Sorelle, basta una persona per impedire ad una Compagnia di progredire nella virtù. Sapete che cosa impedisce ad una nave di andare avanti? Un lieve soffio di vento; esso ferma tutto. Sorelle, non sarebbe odioso se tante anime sante avessero lungamente ben lavorato per il loro perfezionamento spirituale, ed una piccola cosa le fermasse, ed una sola ne perdesse molte? Coraggio dunque, figlie mie! Coraggio! Dio custodirà la vostra Compagnia, Lui, che l’ha già benedetta in tante circostanze. I nostri missionari di Polonia mi scrivono che la regina è stata a fare un lungo viaggio, durante il quale le nostre povere suore hanno avuto tanta cura del buon governo delle loro opere che hanno attirato una quantità di buone ragazze e si sono condotte con tanta prudenza che la buona regina ne è rimasta così soddisfatta, al suo ritorno, che ha voluto passare una giornata con esse, nella loro casa, in mezzo a quelle suore, con una gioia e con attestati di affetto ammirevoli. Vedete qual buona riputazione ha la vostra Compagnia. Toglietele questa stima e toglierete tutto. Quale male fa una suora che toglie la buona riputazione ad una Compagnia! Farà parlare tutta una città. Che dico? Tutta una provincia e più. I sacerdoti e i principi stessi lo sapranno. Sì, sorelle, il male che fa una persona è capace di rovinare tutta una Compagnia. Questo, figlie mie, deve darvi un grande zelo per la santificazione della vostra Compagnia e di ogni suora in particolare, e vedrete che la Compagnia si moltiplicherà. E voi, sorella, che avete notato?».
– Padre, non posso dire se non che la vita di Madamigella Le Gras è uno specchio nel quale non abbiamo da fare altro che guardarci. Ho sempre riconosciuto la sua grande carità e tolleranza per noi, in modo che si è addirittura logorata. Un’altra suora: – Padre, era tanto caritatevole con me, che accorgendosi che avevo qualche afflizione, mi confortava con molta dolcezza. Una suora, interrogata sino dal principio e che non aveva potuto rispondere perché le lacrime le impedivano di parlare, si alzò e disse:
– Padre, se credete opportuno che io parli, cercherò di farlo.
Il nostro onoratissimo Padre rispose: «Mi farete piacere, figlia mia». E non poté trattenere le lacrime sentendo parlare la suora, talmente era commosso. Essa cominciò dicendo:
– Padre, la prima ragione d’intrattenerci della nostra santa madre è perché Dio ne sia glorificato; la seconda perché ci ricordiamo per tutta la vita di seguire gli esempi che essa ci ha dato, essendovi obbligate, poiché Dio ha voluto servirsi di lei per insegnare alla Compagnia in qual modo Egli vuole che lo serva per essergli gradita. Quanto alle virtù da lei praticate, occorrerebbe un libro intero per poterle scrivere, ed intelligenze più abili delle nostre per riferirle. Tuttavia, siccome l’obbedienza me lo comanda, lo farò. Ma quando avrò detto tutto quello che la memoria può fornirmi rimarranno ancora molte cose da dire. Prima di tutto aveva una mirabile umiltà, che appariva in innumerevoli circostanze, e le faceva portare un gran rispetto a tutte le suore, parlando sempre loro a modo di preghiera o di supplica, e ringraziandole tanto affettuosamente dei servizi che le rendevano e delle fatiche straordinarie degli uffici di alcune, che qualche volta ne rimanevo tutta confusa. L’ho vista umiliarsi al punto di pregarmi di avvertirla dei suoi difetti, mettendomi in vero imbarazzo, perché non riuscivo a scorgerne alcuno, quantunque vi facessi attenzione per obbedirle.
«Avete ragione, sorella; è quanto vi ho già detto. Era difficile poter notare un difetto in Madamigella Le Gras; non già che non ne avesse, oh! No, ma talmente lievi che passavano inosservati. Continuate, figlia mia». Padre, quando qualche suora non prendeva in buona parte gli avvertimenti che le aveva dato e se ne risentiva dinanzi a me, essa mi domandava se non era stata lei la causa, se non aveva parlato troppo aspramente e non a proposito. Le rispondevo che non poteva fare diversamente. Scusava sempre quella che si era irritata e anche quando le riferivano le mancanze di alcune, le scusava dicendo: “Dobbiamo sopportarci; Dio ci ha scelto per questo, dobbiamo dar l’esempio agli altri, bisogna avere il coraggio di sopportare le nostre sorelle”. Qualche volta mi mandava a cercare appositamente per chiedermi perdono quando credeva di avermi dato un dispiacere, sebbene avessi dovuto farlo io; molte volte mi ha prevenuto, quando avrei dovuto essere la prima. Si accusava sempre con grande umiltà nelle conferenze del venerdì, e si considerava colpevole e responsabile di tutte le mancanze della Compagnia. Compiva pure spesso atti di umiltà in pieno refettorio, chiedendo perdono, stando con le braccia stese o distesa per terra, o servendo a tavola. Ha aiutato anche a lavare i piatti e avrebbe desiderato fare tutti gli altri uffici della Casa. Aveva parimente una grandissima carità per i poveri, lieta quando poteva servirli. Dimostrava un vivo affetto e carità per tutte le suore, sopportandole e scusandole sempre, sebbene le rimproverasse severamente quando ve n’era bisogno. Ma era per un principio di carità, avendo compassione di quelle che avevano qualche pena di spirito o di corpo, tollerando per molti anni alcune suore, che per le loro imperfezioni avrebbero dovuto essere mandate via. Aspettava sempre, sperando che si correggessero. Aveva un amore tanto grande per la santa povertà, che non era possibile farle accettar nulla di nuovo per suo uso, sebbene desse molto volentieri agli altri quello che era necessario. Ha conservato per cinque o sei anni una stoffa che le avevano dato per farsi un mantello, senza mai consentire che glielo facessero. Quella stoffa non è stata mai logoro, pieno di toppe di vario colore e cercassimo molte volte di farglielo cambiare. Occorreva darle ad intendere che le sue cuffie erano comprate dal rigattiere. Talora riuscivamo a farle mettere qualche cosa di nuovo, ma appena se ne accorgeva lo toglieva sollecitamente, mostrandosi dispiacente che gliel’avessero dato; dovevamo pregarla insistentemente per farglielo riprendere molto tempo dopo. Aveva pure un vivo desiderio che tutta la Compagnia si conservasse nel nostro spirito di povertà e frugalità; raccomandava sempre di osservarlo dopo la sua morte come un mezzo per tenere viva la Compagnia. Si assoggettava con pena a nutrirsi diversamente dalla comunità a causa delle sue infermità. Non potere osservare tutte le regole la riempiva di confusione e spesso ne chiedeva perdono. Aveva una fiducia illimitata nella Provvidenza di Dio per tutto, ma principalmente per quello che si riferiva alla Compagnia, esortandoci, in tutte le conferenze che faceva, ad affidarci noi pure ad essa. Grande era la sua sottomissione ai voleri di Dio, come apparve nella sua ultima malattia. Soffrì con tutta la sottomissione possibile i suoi mali e i suoi violenti dolori. Inoltre sopportò la privazione delle persone più care senza dimostrarne pena, sebbene a ciò fosse sensibilissima. Aveva molta dolcezza ed accoglieva sempre con grande cordialità. Ebbe un’ammirevole saggezza per il buon governo della Compagnia, come possiamo verificare, avendola lasciata in tanto buono stato, sia nella parte spirituale, sia nella parte materiale, per merito della sua prudenza. Riferiva tutto a Dio, senza la grazia del quale, essa diceva, nulla si sarebbe potuto fare. Fino dal momento della sua morte ho fatto il proposito d’imitarla in quello che mi sarà possibile, ma principalmente nella sua umiltà, nella sua carità e nell’amore alla povertà. Padre, ho scritto anche qualche cosa della sua ultima malattia, ma temo sia troppo lunga. Il nostro onoratissimo Padre ricominciò a parlare e disse: «Care sorelle, queste parole vi fanno ben vedere com’era essa. Rimane ora da eleggere una madre in suo luogo; ma dove trovarla? Poiché sarebbe desiderabile una come lei. E’ stata posta la domanda, cioè se dovevamo cercarla fuori, o se ne avremmo presa una dalla vostra stessa Compagnia. Dio ha permesso, dopo molte preghiere a tale fine, che ci risolvessimo a prenderne una tra voi. Osservate quale suora potrebbe essere più somigliante a colei che avete perduto. Ma affinché Dio su degni di darvi una buona madre, formata da Lui stesso in cielo, come aveva formato la precedente, e le conceda tutto ciò che sarà necessario, sorelle, voi farete due cose. Prima di tutto dovete pregare molto Dio. Tutte le preghiere che farete siano a questo scopo. Gli apostoli volendo eleggere un altro al posto di Giuda, pregavano e dicevano: “Signore, fateci conoscere colui che avete eletto”. Orsù, care sorelle, pregate dunque Dio di darvi una buona superiora. In secondo luogo la Compagnia, in generale e in particolare, deve far di tutto perché Dio si compiaccia di formarla con le sue mani in cielo; sì, formare con le sue mani la Compagnia. Perciò dunque, ognuna deve tagliare da sé, con colpo quasi di rasoio, i suoi difetti, e studiarsi di riconoscere le grazie ricevute da Dio. Sì, sorelle, dovete strappare da voi quello che dispiace a Dio. In tal modo otterrete da Lui le grazie necessarie per colei che Egli vuol darvi. Un’altra cosa che vi raccomando è di non parlare dei nostri affari fuori di comunità. Segreto, sorelle! Nostro Signore raccomandava agli apostoli di non far sapere fuori quello che faceva. “Guardatevi, Egli diceva, dal lievito dei farisei”. Sapete quanto vi sia stato sempre raccomandato il segreto in tutto. Direte: “Ma che male c’è a parlare di questo? Non diciamo nulla di male, ma di bene”. Sì, in sé non c’è nulla di male in quello che dite; ma perché si tratta di cosa occulta e degl’interessi di Dio, dovete custodire il segreto. Finché il segreto rimane nella Compagnia, il diavolo non se ne immischia; ma appena il mondo lo sa, il principe del mondo lo manda in rovina. Dunque, care sorelle, tenete segreti i vostri affari e dite come la sposa dei Cantici: “Il mio segreto mi appartiene”. O sorelle, il segreto è una gran cosa! Qualcuna potrà dirvi: “Ebbene, sorella, siete stata a S. Lazzaro, che avete fatto?”. Risponderete semplicemente: “Abbiamo parlato delle virtù della defunta Madamigella Le Gras, come si suol fare delle nostre suore”. Ma si spingeranno più oltre: “Non si tratta di fare un’altra superiora?”. Dite: “Noi non ce ne occupiamo”. O sorelle, se sarete prudenti e custodirete il segreto, tutto andrà bene. Rifletterete su questo domani nell’orazione. Ed avendo già fatto per qualche suora diverse conferenze, non bastandone una, così, sorelle, ne faremo un’altra sul medesimo soggetto, e vi faremo avvertire. Intanto, vi esorto a pregare Dio e farlo pregare, senza dire il perché, ma per un affare d’importanza. Ecco, sorelle, quello che volevo dirvi della vostra cara madre. Pregate Dio che ve ne dia un’altra buona, somigliante a lei». Una suora disse:
– Padre, non abbiamo pensato che dovevamo parlare del defunto signor Portail; ma, avendo voi detto che ci era permesso dirne qualche cosa, ho notato in lui una grande carità per tutte le suore. Non temeva di andare sino a La Chapelle per confessare una suora, in pieno inverno e con il fango, dicendo che anche Nostro Signore si era incomodato per la sola Samaritana.
Egli aveva anche una grande umiltà e un grande zelo per la salvezza delle anime, sino a piangere vedendo qualcuna perdere la vocazione.
«Dio vi benedica sorella, e sia sempre benedetto! Orsù, bisogna andarsene. Prego Nostro Signore, sebbene io sia un indegno e miserabile peccatore, di darvi la sua santa benedizione, per i meriti della benedizione che Egli dette agli apostoli, separandosi da loro, e di distaccarvi da tutte le cose terrene per farvi aspirare a quelle celesti. Benedictio Domini Nostri… Sub tuum praesidium …».