Fino al 4 marzo le suore di San Vincenzo non prevedevano nessun cambiamento nel loro target caritativo: anziani, ammalati, bambini, donne “vittime della tratta”, uomini maltrattati. Improvvisamente una telefonata del console ucraino in Sardegna, Anthony Grande, a suor Rina Bua, consigliera della Provincia italiana delle Figlie della Carità, apre un altro fronte di solidarietà: assistenza, sostegno, aiuto psicologico, inclusione sociale a un gruppo di ragazzini in fuga dalle bombe che dal 24 febbraio sconvolgono la vita e devastano l’Ucraina. Suor Giuliana Crobu, direttrice dell’Asilo “Steria” (Quartu S.E.) ha solamente pochi giorni per un veloce maquillage della colonia estiva di Flumini, dove le suore hanno deciso di ospitare una quarantina di bambini , di un gruppo di 77, in arrivo dagli orfanotrofi del Donbass. «I lavori di risistemazione annuale della colonia iniziano, nei tempi normali, a fine maggio – dice suor Giuliana – ma questi purtroppo non sono tempi normali. Una guerra, “sacrilega” la chiama Papa Francesco, miete vittime innocenti. In 3 giorni si è fatto quello che richiede almeno 20 giorni di lavoro: idraulici, imbianchini, muratori sono entrati nel refettorio, nelle stanze e nei servizi per rimettere in sesto intonaci, rubinetti, tubature. Con una bella novità: accanto alla gente del mestiere, anche volontari, tanti». L’otto marzo è veramente festa , non solo per le bambine, che arrivano nella colonia di Flumini dopo un viaggio interminabile: oltre 2000 chilometri attraversando – a passo d’uomo – il confine tra Ucraina e Polonia e poi, più velocemente, le frontiere con Cecoslovacchia, Austria e l’Italia. «Sicuramente si trovano in un ambiente accogliente: a dieci metri dal mare, in un vasto giardino, hanno spazi per correre, c’è verde, ci sono giocattoli, e soprattutto vivono in sicurezza. La mattina sono svegliati dallo sciabordio del mare e non dall’eco delle esplosioni che, anche se lontane, dicono che la guerra è vicina», dice suor Giuliana, che si concede una mezz’ora di pausa. Seduta in una panchina risponde alle domande, ma guarda i bambini giocare sembrano sereni. Sicuramente si sentono sicuri, e non è poco. Non c’è tempo per distrarsi. Ci sono 16 fanciulli e tre “mamme affidatarie” da ospitare come in una casa; altri nove minori con un accompagnatore si trovano nell’Asilo “Steria”. Unica collaboratrice suor Lina Lixi, che tra i biondi ragazzi – il più grande ha 17 anni, il più piccolo 4 anni – ringiovanisce almeno di 10 anni. Suor Giuliana Crobu non è preoccupata dalla mole di lavoro: organizzativo, educativo, amministrativo-burocratico, sotto mille riflettori accesi, in tutti i settori, dalla guerra ucrainica. «In realtà non sono sola – dice la Figlia della Carità – c’è tutta la collaborazione della mia Congregazione. Intorno a me ci sino tanti volontari, organizzati – come 2 gruppi di scout – e persone che provvedono alla cucina, riordinano le stanze. Alcuni insegnanti fanno lezione, una si porta l’esperienza e le competenze acquisite nelle scuole russe. La giornata dei giovanissimi profughi non è rigidamente organizzata, tranne il pranzo alle 13. Nel pomeriggio parte l’animazione ad opera degli scout, che preparano anche la cena». Non bisogna dimenticare il ruolo della “mamme affidatarie”, in pratica riferimento anche psicologico dei ragazzi, mediatrici del passaggio dal mondo ucraino alla realtà italiana. «La difficoltà maggiore – riconosce suor Giuliana – è quella linguistica, ci mandano interpreti, ma l’acquisizione dell’ucraino essenziale è problematica soprattutto per noi adulti, forse un po’ meno è imparare l’italiano per i bambini».L’assistenza sanitaria è continua: un’unità medica è dedicata a questa emergenza. I giovani profughi sono come “spugne”, assorbono tutto, vedono le differenze tra le culture. «Ci hanno chiesto anche di organizzare, qualche volta, momenti di preghiera comune». Suor Giuliana, da vincenziana, è entusiasta per l’ondata di carità creata, «una vera mareggiata. Famiglie residenti vicine alla colonia si mettono a disposizione per tante necessità. Non mancano gli aiuti alimentari, che certamente non sprechiamo; un’agenzia ci assicura il lavaggio gratuito della biancheria; figli di ucraini si mettono a disposizione per le traduzioni». Adesso deve partire il grande lavoro di inclusione di bambini e ragazzi che potrebbero, forse, diventare un giorno cittadini italiani e sardi.
Autore: Mario Girau