Conclusione: una nuova strada

Nella Francia del XVII secolo, quando il genio femminile non era ancora riconosciuto ed apprezzato, Vincenzo de’ Paoli ebbe il merito di valorizzare i talenti della donna ed incanalarli verso il bene della Chiesa e dei poveri, fondando prima le Dame della Carità e poi le Figlie della Carità. Si potrebbe asserire che nel ’600 la carità fu un’avventura essenzialmente al femminile, perché era quasi l’unico campo d’azione in cui le donne potevano impegnare le loro energie e qualità non utilizzate, anzi addirittura negate loro dagli uomini. A dire il vero san Vincenzo aveva tentato di mobilitare anche questi ultimi nel grande movimento della carità, fondando le confraternite maschili con obiettivi diversi. Ci furono anche Confraternite miste, ma la loro riuscita fu relativa e furono progressivamente eliminate. Non era stato previsto che le Confraternite delle Dame di Carità dovessero essere esclusivamente femminili; ma finirono per diventarlo, perché in quelle miste, gli uomini e le donne non riuscivano ad intendersi: i primi, infatti, avevano l’inevitabile tendenza ad arrogarsi interamente l’amministrazione di tali opere, cosa che le seconde sopportavano male. Ora, Vincenzo diede ragione a loro: In favore delle donne posso testimoniare – egli scrive –, che non c’è stato mai da ridire sulla loro amministrazione, tanto sono diligenti e fidate. La sua più valida collaboratrice Luisa de Marillac, in alcuni appunti sulle assemblee delle Dame della Carità, ebbe a scrivere:

È evidentissimo che in questo secolo la Divina Provvidenza si è voluta servire del sesso femminile per mettere in chiaro che essa sola voleva soccorrere le popolazioni afflitte ed offrire potenti aiuti per la salvezza.

Certamente santa Luisa, oltre alle Dame di Carità, aveva davanti agli occhi le sue Figlie della Carità, istituzione originale per quel tempo. Con loro si introdusse un nuovo modo di fare professione nella Chiesa, e cioè rendendo il servizio a Cristo nei poveri un atto di donazione a Dio secondo l’espressione delle costituzioni delle Figlie della Carità: “Date a Dio in comunità per il servizio di Cristo nei poveri”. In tal modo il servizio dei poveri non è più un’aggiunta della vita consacrata, come fosse la conseguenza della consacrazione come avveniva per altre congregazioni di religiose. Diceva san Vincenzo:

Le Figlie di San Tommaso cantano le lodi di Dio e assistono il prossimo, quando possono. Le suore dell’Hôtel-Dieu hanno come fine quello di cercare principalmente la loro perfezione e, secondariamente, di assistere i malati; in questo fanno press’a poco come voi. Ma non hanno regole che le obblighino ad assistere in generale tutti quanti, ossia tutti i poveri; voi invece dovete, senza eccezione né di persone, né di luogo, esser sempre disposte ad esercitare la carità. Dio vi ha scelte per questo scopo. … Ah! Sorelle, ve lo ripeto, non c’è mai stata una compagnia che abbia reso onore a Dio più di voi.

Con la stessa forza si esprimeva santa Luisa, che aveva compreso questo ideale nella sua peculiarità:

Sebbene tutti i cristiani siano obbligati a servire Dio e a fare del bene al prossimo, essi hanno però mille altre faccende che li distraggono; con voi, invece, la bontà di Dio è stata così grande che vi ha chiamate ad una professione, nella quale non avete altro da fare. Anche se siete poverissime figlie e da voi stesse non avete nessun mezzo per fare il bene, tuttavia ne fate e potete farne senza dubbio più delle grandi dame del mondo, poiché dare le proprie ricchezze è niente in confronto del dare se stesse, spendere tutti i momenti della vita ed esporla al pericolo per amor di Dio, servendo i poveri.

È questa la mistica del servizio delle Figlie della Carità: contemplative e insieme attive. San Vincenzo e santa Luisa hanno spianato la via. Dopo di loro, a partire dal 1800, c’è stata una grande fioritura di congregazioni femminili e maschili, dedite ad opere apostoliche e caritative che hanno attinto a questo carisma. Sfogliando il Dizionario degli istituti di perfezione si può rilevare che alcune congregazioni femminili hanno assunto la regola delle Figlie della Carità di San Vincenzo; altre, ai tre voti, hanno aggiunto il quarto relativo al servizio dei poveri; moltissime hanno san Vincenzo de’ Paoli come patrono e protettore e si riferiscono alla sua spiritualità. Innumerevoli congregazioni richiamano anche nel nome l’istituzione originale di san Vincenzo: Suore della Carità di san Vincenzo de’ Paoli; Suore della Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea; Suore della Carità di Gesù Risuscitato; Suore della Carità di san Francesco d’Assisi… Fino al 1900 queste Congregazioni non erano riconosciute come religiose perché non si poteva contravvenire alla decisione di Pio V, secondo cui dire religiose equivaleva a voti solenni e clausura. Solo più tardi, nel 1917, con il nuovo Codice di Diritto Canonico, le Congregazioni con voti semplici vennero riconosciute religiose, mentre la Compagnia delle Figlie della Carità ha conservato la fisionomia propria. In quella circostanza, il Padre Verdier, vicario generale della Congregazione della Missione, ha inviato una circolare a tutta la Compagnia delle Figlie della Carità, dicendo in maniera chiara e decisa:

La vostra comunità, care sorelle, è organizzata secondo il capitolo XVII del Diritto Canonico, concernente i religiosi. In questo capitolo si parla di Società sia di uomini che di donne, “riunite insieme senza voti” cioè… senza voti pubblici, siano semplici o solenni. Queste “Società” non sono composte da “religiosi” strettamente parlando e i loro membri non sono designati sotto il nome di “religiosi”. In effetti i vostri voti, mie care sorelle, sono essenzialmente privati, semplici, annuali. Voi non siete dunque religiose, se talvolta per analogia vi si dà questo titolo, sappiate che è impropriamente detto, che non ha nulla di canonico e sarebbe bene abolirlo.

Nel Codice di Diritto Canonico del 1983, la Compagnia delle Figlie della Carità non viene inserita né tra gli Istituti religiosi, né tra gli Istituti secolari, ma nelle Società di vita apostolica, avente un proprio statuto giuridico. Essa si riconosce nella definizione che ne dà il codice al canone 731 art. 1, 2:

Agli istituti di vita consacrata sono assimilate le Società di vita apostolica i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e, conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l’osservanza delle Costituzioni. Fra queste vi sono società i cui membri assumono i consigli evangelici con qualche vincolo definito dalle Costituzioni.

Per le Figlie della Carità tale vincolo è costituito dai voti non religiosi, annuali, sempre rinnovabili, che la Chiesa riconosce come sono compresi dalla Compagnia, fedele ai Fondatori. Questi impegni, per loro obbligatori, sono assunti per vivere meglio la consacrazione battesimale, cioè la perfezione della carità, che per i fondatori consiste nel consumarsi per Dio, servendo Gesù Cristo nei poveri con gioia, coraggio, costanza e dedizione. San Vincenzo e santa Luisa sono stati gli strumenti fedeli e coraggiosi della Provvidenza per introdurre nella Chiesa questa nuova forma di vita consacrata. Essi hanno lasciato una grande eredità spirituale e altrettanta responsabilità alle Figlie della Carità, chiamate anche oggi a testimoniare un amore simile a quello del Figlio di Dio, un amore totale che preferisce i più poveri tra i poveri come segno teologale della venuta del Regno. La fedeltà creativa e dinamica al carisma dei fondatori, il rinnovamento continuo, la conversione radicale sono essenziali per essere autentici profeti nel nostro tempo, come ha suggerito il cardinale F. Rodé alle Figlie della Carità riunite in assemblea generale:

La vostra profezia deve essere quella della santità, la strada percorsa da tante Figlie della Carità, il cammino di quelle che vivono il mistero di Dio, con lo sguardo fisso su di Lui. Conoscere e amare Dio non consiste semplicemente nell’ammirare la sua onnipotenza, sapienza e giustizia, ma sentirsi chiamate da Cristo alla condivisione dell’amore: Amiamo Dio, fratelli, ma con la fatica delle braccia e col sudore della fronte! Possano le Figlie della Carità rinnovare, giorno dopo giorno, la loro offerta al Signore di tutto ciò che sono e del loro servizio nella persona dei poveri.
Caritas Christi urget nos, ora e dovunque!