Salvatore Micalizzi c.m. nacque a Napoli il 5 novembre 1856. Era il primogenito dei coniugi Vincenzo Micalizzi ed Elisabetta De Martino. Il padre Vincenzo, negoziante all’ingrosso di sedie, era al secondo matrimonio dopo essere rimasto vedovo ed essersi trasferito da Palermo a Napoli. La famiglia di Salvatore era benestante, ma la situazione cambiò radicalmente quando, colpito dal colera che imperversò a Napoli nel 1865, il padre morì, lasciando la moglie e i sei figli in gravi difficoltà. Salvatore corrispose e collaborò agli sforzi e ai sacrifici della madre. Da primogenito se ne fece un dovere di coscienza, tanto più quando, dopo 8 anni dalla morte del padre, morì, dopo breve malattia, anche la madre. Orfani dunque di entrambi i genitori, i piccoli Micalizzi erano rimasti proprio soli, ed una cugina della mamma pietosamente li accolse finchè non avessero trovato ciascuno la propria sistemazione definitiva. Salvatore continuava a sentire la responsabilità del fratello maggiore, e trovò la forza perché nulla cambiasse nelle abitudine di pietà e nello stile di vita che la mamma aveva inculcato alla famiglia. Tutto invece cambiava circa il modo di vivere pratico e quotidiano.
Salvatore, ormai diciassettenne, finito il corso elementare, frequentava la scuola che il Ven. Pasquale Attardi teneva privatamente per i giovanetti con tendenza allo stato ecclesiastico. Ma, con il precipitare della situazione con la morte della madre, il giovane Micalizzi, per alcuni anni, abbandonando relativamente lo studio, dovette darsi al lavoro manuale. L’ambiente e le condizioni di vita di questi primi venti anni di vita esercitarono un influsso decisivo sul fisico, sul morale e sullo spirito del Venerabile. Fu sempre gracile e di debole costituzione: un fisico certo non attraente, risultato di una costituzione congenita, di malattie, privazioni e sacrifici giovanili, ma anche di una scelta di vita fatta di mortificazioni e digiuni. Eppure molti, anche se in un primo momento quasi allontanati o frenati da quest’aspetto fisico, furono poi conquistati e affascinati dalla santità che traspariva soprattutto dal suo sguardo e dal suo sorriso. In ogni caso, dalle sofferenze e dalle privazioni della fanciullezza il suo essere uscì temprato alla vita sacerdotale prima e alla vita religiosa dopo. Il Ven. Attardi, che aveva da tempo intuito la vera vocazione del giovane, si interessò vivamente perché il suo allievo vi potesse corrispondere. Nella domanda di ammissione alla vestizione, depositata presso l’Archivio Arcivescovile di Napoli, il giovane Micalizzi risulta presentato da un certo Rev. Riccardi, e questo ci fa capire cha anche altri sacerdoti, provvidenziali benefattori, si adoperarono per fornire vesti, cibo e quanto altro fu necessario. Accertati i requisiti per l’ammissione, il 30 Luglio 1876 iniziò i previsti esercizi spirituali presso la Casa della Missione dei Vergini, a Napoli, e il 5 Agosto 1876 fu ascritto al Clero napoletano.
Da chierico esterno il giovane Micalizzi fu esemplare durante tutto il tirocinio di sei anni: sia nella frequenza alla Congregazione dei Chierici presso la Casa dei Vergini, sia nell’osservanza dei suoi doveri di studi e di impegni vari. Ed il Venerabile non fu meno esemplare nel curare, insieme alla ricerca della santità sacerdotale, lo sviluppo e l’approfondimento degli altri elementi caratteristici del sacerdozio cattolico: la dottrina e la scienza sacerdotale. Finalmente il Diacono Salvatore Micalizzi venne consacrato Sacerdote il 23 Settembre 1882 nella cattedrale di Napoli. Fin dai primi giorni del suo sacerdozio il Venerabile, infiammato di zelo, si lanciò in un apostolato che lo vedrà poi impegnato per oltre 50 anni senza soste fino alla morte. Le primizie del suo ministero furono certamente espresse nelle Cappelle Serotine, fondate, come si sa, da S. Afonso Maria de’ Liguori a favore dei lavoratori che, nel corso della giornata, non potevano adunarsi e istruirsi nei doveri religiosi. Ben presto si rese poi idoneo al ministero della Confessione, che con tanto frutto e soddisfazione delle anime doveva costituire la massima occupazione dei suoi 55 anni di sacerdozio!
Da tempo andava inoltre maturandosi nel suo animo un ispirato desiderio di santificarsi per santificare specialmente il Clero: in questo si incrociava con uno dei fini tipici della Congregazione della Missione, ben conosciuta ed ammirata dal Venerabile fin dai tempi del suo chiericato esterno. Nel 1884 egli avvertiva inoltre che gli affari di famiglia prendevano una piega meno drammatica e preoccupante: dei due fratelli maschi, uno era entrato nei Frati Minori, l’altro si era sposato e bastava a sé; mentre la sorella Anna, per la quale aveva una spiegabile predilezione e preoccupazione, fu posta in un luogo sicuro di formazione, l’Istituto “La famiglia di Maria”. Già Sacerdote, Micalizzi fece dunque domanda “… ai buoni Signori della Missione alla santa e cara casa dei Vergini a Napoli e fui accolto anch’io tra i figli di S. Vincenzo de’ Paoli… Era il 24 maggio 1884”. Iniziò così il periodo di Noviziato, durante il quale s’impegnò pienamente all’acquisto e all’approfondimento dello spirito della propria vocazione. La mattina del 25 maggio 1886 il Venerabile giurò, ai piedi dell’altare, fedeltà eterna a Dio, consacrandosi al servizio dei poveri e del Clero, emettendo i voti che lo rendevano Missionario Vincenziano. Fu subito destinato alla formazione spirituale dei chierici esterni e ben presto fu assai attivo anche in un’altra delle opere di apostolato proprie della Congregazione e nella quale sempre rifulse: le Missioni al popolo.
P. Micalizzi fu a Lecce, poi a Catania e S. Vito dei Normanni (dove collaborò nella fondazione delle locali Case della Missione). Fu poi Superiore a Bari e di nuovo a Lecce. Ovunque si imponeva per la sua umiltà e santità, specialmente nelle Missioni al popolo e nel ministero della Confessione: il suo confessionale era letteralmente assediato e il Venerabile vi rimaneva fino a 12 ore al giorno! Si diffusero anche voci di fatti straordinari che lo avrebbero visto protagonista, ma il Venerabile fu sempre schivo, prudente e umile e sorvolava e minimizzava. Parallelamente il Venerabile, vero figlio di S. Vincenzo, era infaticabile nella predicazione degli Esercizi spirituali al clero, che continuò, insieme agli altri ministeri, anche nei due anni in cui fu Superiore nella Casa di Taranto. Nel 1904 fu richiamato ai Vergini come Assistente: e si apre così quel periodo nel quale meglio meditò e chiarì a se stesso i temi relativi a quella che egli considerò sempre la sua specifica missione: la santificazione del clero. In suo importante scritto del 26 Luglio 1908 lo stesso Venerabile ci racconta i motivi che lo portarono a questa profonda convinzione: egli afferma di aver conosciuto “più di tutti gli altri” lo stato del clero dell’Italia meridionale ed il loro bisogno assoluto di “chiudersi in santi esercizi”. Accenna alle testimonianze e alle confidenze di molti sacerdoti, che gli confessarono “di non aver mai ascoltato istruzioni tali da farli ben conoscere i loro doveri e indurli ad adempiere siffatti doveri”, e parla degli ostacoli che, con sua grandissima pena, sia i preti che i predicatori (e perfino i vescovi!…) finivano col creare ad una reale efficacia degli esercizi. P. Micalizzi concludeva di sentirsi in grado (naturalmente per grazia di Dio e “benché il più indegno di tutti”) di rimuovere questi ostacoli.
E’ evidente che l’opera degli esercizi spirituali esisteva già molto prima del Venerabile. Cosa c’era allora di nuovo nelle intuizioni di P. Micalizzi? Oltre che l’individuazione di un metodo più semplice ed efficace, soprattutto il convincimento della necessità di istituzionalizzare gli Esercizi periodici: perché non fossero più una scelta dei sacerdoti più volenterosi, ma fossero assunti dalla Chiesa come mezzo di formazione permanente, obbligatorio per tutti i sacerdoti. Il Venerabile, pur così timido ed umile, si era convinto che lavorare per questo obiettivo era una vera e propria missione che il Signore gli affidava e non esitò a rivolgersi direttamente al Sommo Pontefice, Pio X. Fu ricevuto ben quattro volte dal Papa e restò ben noto e quasi tramandato in Comunità il giudizio, riferito da persone presenti ad un’udienza, che su di Lui espresse il Santo Padre: “…converrà metterlo sugli altari”. Sta di fatto che l’azione fattiva di S. Pio X per la santificazione del Clero con larghi accenni agli Esercizi spirituali non si fece aspettare e risale proprio a quegli anni, esprimendosi anche in numerosi documenti ufficiali! Né si può negare il ruolo che P. Micalizzi ebbe nell’inserimento, nel Codice del Diritto Canonico promulgato nel 1917, dell’obbligo per i sacerdoti agli Esercizi spirituali ogni tre anni (canone 126).
Negli anni successivi il Venerabile continuò ad operare secondo questa sua speciale vocazione, oltre che nella dedizione assoluta alla predicazione e alla confessione, alla preghiera e alla penitenza, specialmente per il Clero. Di nuovo superiore a Lecce dal 1911 al 1918, tornerà definitivamente a Napoli nell’Ottobre 1918, con l’incarico specifico di predicare ed attendere agli Esercizi spirituali al Clero (anche se, fino al 1922 continuò comunque anche il suo apostolato nelle Missioni al popolo). La sua stanza ai Vergini veniva come presa d’assalto durante gli Esercizi: si faceva la fila! Continuò instancabile fino all’Ottobre del 1937. Aveva quasi 81 anni: la sera del 6 Ottobre entrò in Esercizi spirituali con tutta la Comunità dei Vergini. Quattro giorni dopo si sentì indisposto e fu pregato di mettersi a letto. Verso le quattro e trenta del mattino del 14 ottobre il fratello coadiutore che lo assisteva entrò in camera e lo trovò in ginocchio accanto al letto, morto. Più di uno colse in quella posizione di preghiera un elemento significativo e simbolico.
La notizia della morte di P. Micalizzi si divulgò repentina per Napoli: ai Vergini fu un continuo accorrere di persone. Il 15 ottobre si svolsero i funerali: apparve allora evidente la venerazione di cui godeva il Venerabile. P. Micalizzi fu sepolto nella Cappella dei Padri della Missione nel cimitero di Poggioreale a Napoli. Il 7 Dicembre 1956, accogliendo l’unanime desiderio di vedere il P. Micalizzi glorificato, il Visitatore della Provincia Napoletana della Congregazione della Missione, P. Cesa, chiese all’Arcivescovo di Napoli, Card. Mimmi, l’introduzione del Processo Informativo Diocesano. Accolta l’istanza, il 23 Febbraio 1957 si diede inizio al processo sulla fama ed il 25 Febbraio 1958 si procedette all’individuazione della salma. Il 3 Luglio 1958 i resti mortali del Venerabile vennero trasferiti ai Vergini. Il 9 Luglio, dopo la ricognizione, i resti mortali furono deposti nel mausoleo di marmo bianco appositamente costruito nell’atrio antistante la Chiesa dei Vergini, di fronte all’ingresso. Il Venerabile tuttora riposa in quel luogo e sul mausoleo si legge questa iscrizione:
P. SALVATORE MICALIZZI C.M.
NATO A NAPOLI IL 5-XI-1856 MORTO IN QUESTA CASA IL 14-10-1937
PICCOLO DI STATURA MA GRANDE DI ANIMA
UOMO DI PREGHIERA DI MORTIFICAZIONE E PAZIENZA INALTERABILE
DAL TENUE PERENNE SORRISO ILLUMINANTE IL VISO EMACIATO
VERO SERVO E AMICO DI DIO
INSTANCABILE NEL CONFESSARE E PREDICARE
FU PADRE AMATO DAI CONFRATELLI VENERATO DAI SACERDOTI
STIMATO E CONSULTATO DA S.PIO X
Autore: Mario Guerra