Omelia di S.E. Mons. Giuseppe Baturi
Cagliari Parrocchia Medaglia Miracolosa, 22 aprile 2022
Sono state appena proclamate le letture della Messa del giorno di Pasqua. Sono le ultime che ha ascoltato suor Giuseppina prima dell’incidente a causa del quale ha perso la vita. È facile pensare che le ultime ore di suor Giuseppina stiamo state illuminate da queste parole: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!» (Col 3,1-3). Questo è il contenuto della vita cristiana, della vita di coloro che hanno sentito e accolto l’annuncio di Pasqua. È l’annuncio che dà senso alla nostra vita, come anche il Vangelo ci ha svelato (cf. Gv 20,1-9). La tomba è vuota, ma non perché hanno portato via il Signore, è vuota perché il Signore è risorto vincendo per sempre la morte e il male. Davvero il Signore è risorto! «Cristo nostra Pasqua è stato immolato ma ora facciamo festa nel Signore» (Canto al Vangelo). Cristo è risorto, quindi non è vana la nostra fede (cf. 1Cor 15,14), e ogni aspetto della vita ha senso. Non è vano neanche il morire. Se il cammino della vita è andare verso di Lui, tutto ha un senso, tutto può essere ricapitolato in un destino di gloria e di gioia. E anche se queste parole oggi sembrano stridere col dolore dei parenti, a cui rivolgiamo le nostre condoglianze, delle sorelle e di quanti hanno conosciuto suor Giuseppina, noi dobbiamo ripetere, perché questo è la nostra missione, che Cristo è risorto! In Cristo che risorge è la nostra vita che si compie, come si compie la vita di tutti coloro che sono consegnati nelle sue mani. Che cos’è la vita religiosa se non un consegnarsi nelle mani di Cristo per poter con Lui morire e in Lui risorgere?! Leggiamo nella lettera di San Paolo ai Corinti: «Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria» (1Cor 3,4). La vita di suor Giuseppina, contraddistinta da quell’Eccomi che abbiamo anche noi ripetuto nel canto iniziale, annuncia semplicemente questa verità: Cristo è la nostra vita, è il senso, il cuore, l’orizzonte, lo scopo, la sostanza della vita. Guardando alla testimonianza di suor Giuseppina possiamo dire che Cristo è stata la sua vita, perché ne ha testimoniato la vittoria sul male. Perché quando Cristo è la nostra vita anche il fratello è parte della nostra vita, del nostro stesso destino, parte della nostra vocazione. Come insegnava San Vincenzo, Cristo si manifesta a noi nel volto del fratello bisognoso. Con dolore, certamente, accompagniamo suor Giuseppina in questo ultimo tratto, ma non come quelli che non hanno speranza, perché sappiamo che la consegniamo all’abbraccio dello Sposo amato. La nostra speranza è piena di gloria. Per questo il momento del passaggio, dell’esodo, della morte, è pieno di dolore ma anche di speranza. «Quando Cristo sarà manifestato…». Questo avverrà alla fine dei tempi in modo pieno, e avviene misteriosamente al momento della morte, quando i nostri occhi possono riaprirsi e vedere Dio faccia a faccia. «Allora anche voi apparirete con lui nella gloria». Preghiamo perché nessun dolore ci faccia smarrire questa certezza. Cristo si manifesta e preghiamo che suor Giuseppina sia manifestata nella pienezza di questa gloria e così continui ad accompagnare ancora la nostra esistenza. Il pungiglione della morte, ciò che toglie la speranza, ciò che insinua un dubbio circa il senso della vita, il sospetto che questa sia affidata al caso o agli incidenti, è stato tolto (cf. 1Cor 15,56). La nostra esistenza è consegnata a Cristo risorto e quando cadiamo, cadiamo sempre nelle sue mani. Questa è la nostra fede. Per qualcosa di meno non varrebbe la pena vivere, perché sono troppi i rischi a cui ci esponiamo. Invece per questa verità vale la pena vivere, spendere la propria esistenza, darsi con generosità a Dio negli ultimi, con i bambini, lì dove il Signore ci chiama. Poiché Cristo manifesta la nostra esistenza in Lui, il rapporto con i nostri cari defunti non viene interrotto ma trasformato. Come è trasformata l’esistenza di chi muore nella fede, si trasforma anche il nostro rapporto con loro. Certo, non viviamo le relazioni come prima, ma quanti sono morti nella fede non possono essere relegati al ricordo del passato: nella comunione dei santi sono tutti presenti, nella comunione dei santi la nostra unità si intensifica perché in Cristo risorto non si perde nulla ma tutto giunge a compimento. Anche l’amore, anche l’affetto. E chi è madre davanti a Dio lo diventa di più, e chi ha amato davanti a Dio ama di più. Tutto ciò che è consegnato a Dio è consegnato a un Amore che tutto porta a compimento. In Dio, si amano i cari col cuore di Dio, si guardano gli altri con gli occhi di Dio. L’esistenza nostra si compie in Dio e il rapporto con i nostri defunti diventa in Lui ancora più bello. Possiamo pensare, e questa è la nostra speranza e il valore della nostra preghiera, che anche per suor Giuseppina valgano le parole del vangelo: «se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Quella di suor Giuseppina non rimane una testimonianza individuale e isolata relegata nel passato, ma porta un frutto nel presente e per il futuro. Per questo preghiamo: il seme buono che ella ha seminato in questa parrocchia, nei bambini dell’asilo, nella sua Congregazione, nella sua famiglia, in tutte le persone che l’hanno incontrata, porti molto frutto. Preghiamo che questa morte consenta una più grande fecondità, perché il seme del suo esempio porti ancora più frutto nella santità della nostra vita. La testimonianza di chi ci ha preceduto nella fede, e di suor Giuseppina in particolare, sia per noi sempre motivo di conversione, perché anche noi possiamo in Cristo portare molto frutto.
Al momento della Benedizione finale: Nella nostra preghiera trova accoglienza anche un pensiero di perdono per chi è stato causa dell’incidente che ha causato la morte di suor Giuseppina.